Tutti in piedi davanti il verbo dell’Ingegnere di Ivrea. Esso ci dice come va il mondo. Il cronista, sempre a tappetino, si stende per consentire che la sua visione sul mondo si dipani e ciascuno di noi ne rimanga “satisfatto e stupito”.
Non poteva fare eccezione l’intervista uscita su IL Foglio oggi 13 dicembre, Santa Lucia.
L’Ingegnere di Ivrea è intervistato ciclicamente e imponderabilmente. Nel senso che non c’è una ragione specifica per giustificare l’esposizione del suo pensiero: non deve polemizzare su una nota di attualità, non deve sostenere una posizione, non ci sono quasi mai elementi stringenti in cui si possa dire sull’espressione del suo dire che non poteva che esser detta. Eppure vien detta.
E visto che mai niente viene a caso, nel suo parlare fluente si debbono rintracciare le matrici di un ragionamento, senza però avere la velleità di capire dove ci porta.
IN questa intervista trascritta da Salvatore Merlo l’Ingegnere di Ivrea parla della conversazione avuta con Silvio Berlusconi due giorni prima che morisse. Non minimizza chiaramente i termini della distanza con il Cavaliere. Il tono di condiscendenza verso le fanfaluche di colui che volve fondare il partito liberale di massa restano. La botta forte la dà a John Elkan dicendogli di aver affossato il gruppo editoriale per far passare l’operazione Stellantis. Ma, anche lì, non c’era bisogno del parere illuminato dell’Ingegnere per dirlo.
Sul PD afferma di aver sostenuto Elly Schlein – e questa può essere una notizia, anche se posticipata perde totalmente il senso della rilevanza. Ma si dice deluso. La nuova guida non può essere “il modo di Dario Franceschini per restare al potere” (suo ispissimus verbum). “Ma il partito non c’è più da prima di Schlein”. E ancora: “Non vedo energie, l’ultimo che aveva un grande talento (dissipato) è stato Renzi”.
E poi con un castello dialettico ben costruito inizia il gioco della torre. Tra Meloni e Conte, butterebbe questo ultimo. E tra Meloni e Salvini, la scelta andrebbe ancora sul secondo. “Conte è molto abile, ma è un uomo senza ideali. Senza princìpi”. Salvini somiglia a Conte. Solo che è più fesso” (suo ipsissimus verbum).
Spunta la Meloni. Come extrema ratio, ma spunta. “Meloni ha capito come si sta a tavola, che per governare devi essere atlantista, occidentalista ed europeista, va bene. Ha pure preso una posizione giusta sull’Ucraina. Ma non mi fido, anche di quelli che le stanno intorno”. E anche se nel suo governo non ha fatto nulla, come lui stesso dice, probabilmente la considera meno pericolosa degli altri due fenomeni evocati (questa ultima però è una deduzione di chi scrive). Tutto questo nonostante resti la discriminante del fascismo che non può essere dimenticata. Ma al momento è meglio della sinistra filopalestinese, mentre lui è filoisraeliano, nonostante Netanyahu.
Quel che si evince e vince consiste nella logica del meno peggio. Quindi il meno peggio consiste in un’uguaglianza con l’extrema ratio. E il nemico dei tuoi nemici, anche se tuo nemico, è bene farci una passeggiata insieme. La lezione pare essere questa.