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domenica, Marzo 23, 2025

“Volenterosi” dalla Cina … (forse)

Si intensificano i rapporti e si articolano gli interlocutori sul fronte ucraino

Ci ha lasciato George Foreman

Un protagonista, e deuteragonista del grande rivale col quale ha tenuto in tensione il mondo

Kiev è sola

Sembra un controsenso dalle cronache ma la condizione fattuale riporta al dato essenziale

Il potere si confessa

Esiste nel nostro paese una nomenclatura sulla quale poggiano le leve decisionali dall’amministrazione pubblica. Solo apparentemente si recepisce un’alternanza dovuta ai cambi di governo in ogni sede istituzionale, ministero o enti locali. Se c’è chi va c’è anche chi resta. E non è semplicisticamente la struttura dei dirigenti e dipendenti del dicastero. C’è un primo motore immobile impalpabile, impercepibile, ma fortemente recepito da quelli che contano e vogliono continuare a farlo, senza del quale gli eletti nulla potrebbero. Sono personaggi da favola. Paiono esistere solo nell’immaginario di chi vede raggiri e meccanismi occulti. Esistono invece. Non sono fauni del bosco. Come loro però consentono al bosco di vivere e garantiscono l’inter-modalità senza dei quali ogni comparto sarebbe un bastione pietrificato nell’inamovibilità di ogni struttura dello Stato e di ciascuna di queste tra loro.

Non hanno un nome. O meglio ce l’hanno. Ma non ha importanza. Non escono. Non debbono fare notizia sui giornali. È ad altri che va l’esposizione pubblica e sono questi altri esposti profondamente dipendenti dal lavoro di queste persone, sconosciute ai più ma ben conosciuti a chi occupa posizioni di direzione e governo.

Non calano dall’alto, chiaramente. Sono voluti dagli stessi personaggi esposti che vedono dipendere buona parte di fortuna e permanenza nel loro ruolo da queste figure da loro stessi designati. Debbono fare bene attenzione a sceglierseli. Sono figure con referenze molto precise. Debbono avere entrature. Posseggono capacità decisionali fortissime e ne dispongono con la facilità, ma anche la responsabilità, di chi sa dei contraccolpi per eventuali eventi avversi.

Ma dopo la descrizione fantasmagorica della figura di capo di gabinetto di condensano una miriade di esempi concreti in dicasteri diversi, con personalità diverse, tesi a dare una dimensione al ganglio fondamentale del funzionamento della cosa pubblica.

Il capo di gabinetto è l’uomo dalle mille funzioni senza ricevere alcuna delega precisa. Sa di tutto e fa di tutto. Sbroglia i problemi, realizza ponti, solca dei percorsi in situazioni agitate, si impegna a sciogliere per tempo situazioni che si mostrano come l’inizio di un conflitto. Sul tema ha delle regole non scritte di sapore machiavellico che tiene segnatamente per sé.

Nella raccolta di esperienze andanti dal serio e il faceto si rileva lo spunto di riflessione derivato da più fonti. Ed è la motivazione per cui si va inevitabilmente in contraddizione nel delineare la fisionomia di questo ruolo impalpabile ma sostanziale.

C’è chi descrive la figura di capo di gabinetto come faccendiere, braccio destro, articolazione e artiglio del potere emanato dalla funzione vera e propria, quindi in altri termini un servitore, chi invece vede in questa figura il fulcro stesso dell’articolazione statale sopra la quale il ministro, il presidente, ma potrebbe essere anche solo il re, sono apparenze – espressione cioè di “conatus” volizione determinante della volontà di potenza. Ma non ancora potenza. In questo ultimo caso, quindi, si tratterebbe, come si è trattato a volte, di un primo step per accedere a carriere ben diverse. L’esempio è di Giulio Andreotti raccomandato da monsignor Montini ad Alciade De Gasperi (pag. 22).

La consapevolezza che “i meandri del potere sono insondabili” (ivi) entra in contraddizione con la provvidenziale funzione per cui va protetto il massimo rappresentante dello Stato per cui si opera – come se il capo di gabinetto fosse quindi depositario di un sapere misterico ed esoterico oscuro al povero eletto.

Tra leziosi riferimenti molto precisi a fatti e vicende concrete, l’inquietudine di questa figura che sbaglia se dice sempre sì ma sbaglia tanto più se entra in frapposizione con la figura apicale di cui non deve dimenticare di essere un servitore. Ma in fondo, cosa è? Un esecutore, un facilitatore, oppure l’espressione della provvidenza espressa da una Roma millenaria “in cui tutto è stato già visto e vissuto”? (pag.62).

Tuffarsi nei fondali putrescenti prima di aver fissato delle regole è suicida. La regola fondamentale è il controllo assoluto.

Ma il problema è che tutto questo non può esser detto. Pena l’esser tramandato alla pari di una miriade di regole, codici e codicilli. Se servirà la lettura dovrà esser arguito. Se non si capisce la regola però si può aver un assaggio di cosa è questo mondo.

Io sono il potere, Confessioni di un capo di gabinetto, ed. Feltrinelli, 2023, Milano – Raccolti da Salvatore Salvagiullo

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