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IL 26 marzo 2025

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Un percorso ancora lungo e irto di contraddizioni

I settanta di Giancarlo Antognoni

Niente affatto celebrato eppur giocatore di talento assoluto con la sfortuna di operare in una stagione piena di talenti, ha vinto il campionato del mondo con la nazionale nel mitico ’82, senza disputare la finale, ha vinto uno scudetto con la Fiorentina ma avrebbe potuto vincerne un altro due anni dopo se non fossero entrata la mala sorte arbitrale. In più un infortunio grave che poteva costargli tanto di più ha fermato la sua carriera per quasi una intera stagione.

Di lì a trenta anni e passa quando tutti pensavano che avrebbe interpretato il calcio da pensionato in campo ha continuato a correre come un ragazzino in campo dando lezioni agli aspiranti numero dieci con dieci anni meno di lui. E tra questi c’erano Del Piero e Baggio.

In carriera vinse un duello per il posto in nazionale e per il numero dieci sulla maglia con un genio assoluto del calcio militante in una squadra molto più arrembante della sua Fiorentina, l’Inter. Il concorrente era ed è Evaristo Beccalossi. Un grande, un sinistro superlativo, un creatore di gioco, sì. Ma titolare fu sempre lui.

Stiamo parlando di Giancarlo Antognoni che oggi compie i suoi settanta anni.

Intervistato dalle televisioni dice serenamente di non essersi mai pentito di aver scelto la Fiorentina come casa permanente e come squadra. Altrove in molti lo avrebbero accolto a braccia aperte. Era sufficiente mandasse in giro una voce di una sua appena accennata disponibilità.

E invece oggi si dice ripagato dal fatto che la gente continua a salutarlo come fosse ancora oggi un campione. Eppure non aveva l’atteggiamento superbo né accennava ad alcun atteggiamento eccentrico, sia nelle parole che nel modo concepire il suo ruolo in campo.

Sebbene rifinitore e mezza punta non smise mai di essere un operaio in campo. Eccezionali i suoi lanci di quaranta metri che riuscivano a servire perfettamente il giocatore avanti che si liberava, mantenendo un senso del gol sempre molto vigile.

La sua esperienza insegna che la metodicità, il lavoro, l’attenzione, l’essere sempre nelle righe, non porta a grandi clamori né ad accentuazioni nella memoria. Consente però a chi li mette in opera di continuare ad avere un’ottima percezione di sé e del proprio posto nel mondo.

Ed è per questo che non solo noi, non fiorentini, dobbiamo ringraziare Antognoni per le sue giocate, ma anche Giancarlo deve ringraziare sé stesso.

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