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domenica, Marzo 23, 2025

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L’angelo del lunedì

IN prolungamento della festività pasquale si ricorda la figura dell’angelo che annuncia l’Evento. Sempre un angelo a proclamare la natività di Cristo alla madre e ai pellegrini che andranno ad omaggiarlo alla capanna. Nei momenti salienti di nascita e morte appare questa figura intermedia che, come il coro greco nelle tragedie, indica il passaggio e spiega il momento altrimenti inespresso.

Nella morte di Cristo e nella resurrezione, altrimenti, non ci sarebbe testimonianza diretta né autentica anticipazione se non in frasi dal sapore metaforizzate.

Ma quando i discepoli si accingono ad omaggiare il maestro al suo sepolcro trovano l’angelo: “Perché cercato tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto” (Luca, 21, 5 -6).

Qui i messaggi sono due: quello più importante per cui il messaggio come l’esempio santificatore di Gesù Cristo vanno cercati nella vita, nelle cose effettivamente vissute e non solo nella memoria o nella lettera tramandata. Ma il secondo messaggio, ancor più portentoso, è che lui stesso non deve essere considerato alla stregua di un defunto, anche se effettivamente deceduto sulla croce. È vivo. È risorto.

Raramente si legge nella letteratura tramandata dagli evangelisti come dai Padri della Chiesa una indicazione così densa nei messaggi verbali. E sono tutti trasmessi da questa figura che non è il profeta, non è il messia, non è un oratore, non è tantomeno l’Altissimo. È bensì questa figura intermedia che andando bene a vedere detta i cardini fondamentali del messaggio eucaristico.

Lo vediamo rappresentato non solo nella letteratura evangelica. C’è abbondantemente celebrato anche nella letteratura visionaria tramandata dai dipinti in cui appare l’angelo. Le sue concrezioni simboliche possono rappresentare degli autentici momenti di esposizione metafisica e teologica.

Ne accenna con pregnanza, pur rapida ma efficace, il testo di Massimo Cacciari, L’Angelo Necessario. Ed è la pittura che, in definitiva, ci offre un affresco (è proprio il caso di dirlo) molto eloquente di quanto è processato nella lettera scritta.

L’angelo è colui che risiede nel luogo del non dove. Non è concrezione dell’eterno, non è creatore. Non è humanitas, non è in questo mondo. Lo osserva in eterna lontananza, ma vicino, ci osserva, ma non giudica.

“il corso dell’angelo diviene fermo e sicuro come quello delle stelle, certissimo come quello dell’argine che lo zodiaco forma intorno alla Terra abitata. L’uomo pellegrino, inquieto Proteo oscillerebbe, allora, tra due necessità: quella della ferma visione dell’angelo celeste (…) e quella dello zodiaco infernale, degli Arconti della materia, nel loro costante richiamo all’inospitale disperazione del peccato” (pag. 106).

La sussistenza del chōrismós – χωρισμός ‘separatezza originaria’ – tra mondo e divino trova nell’angelo la risposta alla necessità di stabilire almeno un contatto. E questa figura è tanto più necessaria, quanto costantemente mutevole, da assumere anche lei i tratti di una maschera cangiante. Riaffiora in una miriade di figure rappresentate nelle nostre arti, ciascuna presa e incastonata nella sua dimensione. Fino all’angelo caduto che parte dalla tradizione biblica e arriva al film Il Cielo sopra Berlino di Wim Wenders.

Ma è ancora quest’ultima figura che riesce a dirci qualcosa di noi altrimenti ineffabile, come altrettanto inesprimibile la natura dell’angelo.

(Massimo Cacciari, L’Angelo Necessario, ed. Adelphi, 1986, Milano)

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