In uno spunto sul quotidiano IL Riformista , oggi, Gian Domenico Caiazza si pone uno specifico del problema consistente nel ruolo che la veste giudicante deve svolgere nella vita democratica. Avvertiamo a varie riprese un esorbitare le competenze. Ciò non è detto a fine polemico, bensì al fine di evidenziare una stortura del sistema oramai impossibile da classificare come periferica disfunzione di un meccanismo.
Nello specifico Caiazza evidenzia l’esorbitare di competenze da parte della Corte di Cassazione che sempre più si fa fonte primaria di legge. Succede che quella che deve essere l’interpretazione diventi in effetti una totale riscrittura della norma. Sul tema va fatto innanzitutto osservare come nella categoria di “interpretazione” si svolga un’agitazione semantica non confinabile entro i crismi dettati dalla legge del 1941 con cui si attribuisce alla Corte di Cassazione la funzione consiste nella “esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni”.
Cosa deve interpretare esattamente il giudice di Cassazione? La volontà storica del legislatore per vederla a applicata a decenni di distanza da quando fu pensata? Oppure deve comprendere quel che effettivamente il legislatore voleva intendere con quella norma per dargli il senso di una regola al di fuori dei tempi di applicazione? In ogni caso perché questa linea regolativa e indicativa non è stata espressamente scritta ma deve essere interpretata dal giudice? È il segno che la specificità del fatto – la cosiddetta fattispecie – in definitiva riesce a formare il fatto e a deformare le categorie somme per cui la norma era stata scritta?
Sono quesiti che non possono essere lasciati al solo giudice che si trova a decidere. E diventa anche troppo facile protestare quando in mancanza di indicazione specifica – come specifica non può mai essere per essere invece specifico il fatto su cui si giudica – il giudice elabora sua sponte l’indicazione legislativa che, dopo la sentenza, fa norma.
Siamo in un altro caso in cui diventa evidente che il principio di separazione dei poteri debba essere ripensato e chiarito perché funzioni veramente. A vari titoli e vari livelli non c’è ordinamento giuridico nel mondo occidentale dove il meccanismo scricchiola e, pur per motivi del tutto diversi, si gridi allo sconfinamento della magistratura.
Tutto questo avviene in mancanza della capacità di fare leggi e di modificarle in tempi rapidi secondo le esigenze di una società che cambia. Il mondo non può rallentare, la capacità di erogare legge non può continuare ad inseguire ed essere in ritardo. Ma questo, si dirà non è un problema di chi giudica.