Lo spazio interdetto dell’approccio filosofico deve trovare nuovi ambiti di cimento. Non esistono più i grandi temi e le grandi utopie di cambiamento sociale. Tanto più appare come già detto, tutto quello che si può dire. La tendenza ermeneutica di qualche decennio fa voleva conformare la riflessione filosofica solo all’ambito della rilevazione filologica.
Ma come disse Mario Trinchero nell’introduzione alle Ricerche di Wittgenstein al filosofo, se non proprio un destino, bisogna trovare modo di non rimanere disoccupato.
La docente di filosofia del linguaggio Carola Barbero si immerge così nella disamina della rappresentazione eidetica del nuoto come attività pura e semplice. E anche guardato così superficialmente, come semplice pratica adottata come scelta di buona gestione della propria vita, ne esce immediatamente la sua dimensione di allegoria all’esistenza concreta. Questo vale sia nella sua conduzione effettiva, che nella capacità di sollevarsi rimanendo sospesi dal suo gravame.
Ma è proprio su questa ultima raffigurazione che ci si aspettava di più da un testo dedicato al nuoto. Non semplice evasione né tantomeno solo nella metafora di continuare a resistere tra le difficoltà affioranti. Bensì la meraviglia di uno stato al di là della gravità oppure in una dimensione molto ridotta della stessa. Ed è la gravità che ci tiene legati alla Terra quindi condizionata da questa.
IL nuoto ci fa comprendere come un’altra dimensione è possibile senza l’uso di additivi chimici o naturali. Il parallelismo spesso adottato, invece, consiste in quello che associa la pratica del nuotare con quella del pregare. “Come pregare nuotare implica silenzio e solitudine” (pag. 21). E ancora: “pregare è parafrasi dell’anima. Nuotare è parafrasi del corpo” (ibidem). Ma poi una riflessione tesa a togliere ogni nobiltà al gesto: “tutti nuotano per non andare a fondo” (pag.26). Tanto che nella tipologia del nuotare inserisce anche fare il morto a galla, dimensione dell’essere a cui dedica un intero capitolo. Ed è così che ribadisce che si nuota per non andare a fondo recuperando il tema della salvezza continuando così coi parallelismi sui temi della fede. Scomoda l’esperienza di Dostoevskj passato davanti al plotone di esecuzione per esserne graziato. E ancora Heidegger ponendo il parallelismo tra nuotare come puro esserci visto nel senso dell’esistenza autentica (pag. 73)
Ma l’esperienza del nuotare ci insegna anche a recepire la metafora per cui nella vita bisogna anche farsi portare accettando una massa sopra di sé vivendone i condizionamenti (pag. 92).
Nella ricchezza di riferimenti colti e meno colti non poteva mancare la menzione al film con Burt Lancaster in cui il protagonista comincia il suo gioco di passare di villa in villa, di piscina in piscina, per rendersi conto gradualmente come questo corrisponda a un percorso di autocoscienza in cui a lui non resta nulla.
Cita Nanni Moretti ma non il film dove la piscina è richiamata più spesso: Palombella Rossa. Ma anche in altri film di Moretti appare spesso la presenza della piscina come dimensione esistenziale autentica. Tra i vari riferimenti al cinema manca il film con Alain Delon, Romie Schneider e Jaime Birkin: La Piscina. In questa storia quel luogo di incanto sempre sospeso nei gravami della vita diventa improvvisamente il luogo di pena per il suo amico diventato nemico fino a procacciarne la morte, sempre in piscina. (…).
Le premesse dell’occasione di riflessione apparivano diverse. Nuotando tutto è sfumato, morbido, attutito, annullato. Nel mondo di sopra, invece, ogni cosa è netta, definita, decisa e lineare (pag. 46). Era questa l’intuizione da andare ad approfondire cercando sempre l’emersione, evitando di andare a fondo. Questo è il nuoto.
( Carola Barbero, Nuotare via, ed. Il Mulino, pagg. 128; 2024 )