Il 10 dicembre arriva a compimento del primo anno di amministrazione della cosa pubblica argentina, il presidente Javier Milei. Vanta buoni risultati macroeconomici, i mercati sono incoraggiati e il modo di muoversi del pianeta impresa in Argentina pare ne abbia tratto beneficio. Ed è il minimo che ci si aspettava dalla svolta liberista di Milei. Ad un anno di distanza resta da vedere se la motosega ostentata simbolicamente come evidenza di un settore pubblico che voleva liberarsi di molti fardelli è stata messa in opera oppure no. La scommessa vale per il resto del mondo, non solo per l’Argentina.
In questo secondo ventennio del secondo millennio rivanno in auge le tesi del liberismo che si riteneva fossero storicamente sconfitte nel secolo precedente. Ma se la paralisi creata dalle amministrazioni pubbliche ingolfate per loro stesse e incapaci di muovere alcunché nell’azione di govno sono ridotte così, ecco che il neoliberismo torna ad andare di moda.
Nella fattispecie argentina secondo gli analisti pare che la cura Milei abbia colpito settori sensibili come la sanità, l’istruzione e alcuni programmi di assistenza sociale. Nondimeno Milei è sostenuto dalla metà dell’elettorato di questo paese. Si vive una recessione considerata la peggiore in America Latina. Aumentano i poveri, diminuiscono i consumi.
Ma, anche qui, si dirà che fa parte della cura al turbo di neoliberismo. Bisognerà vedere quanto questa cura sarà benefica per le prospettive future.
Ma a Milei vanno strette tutte le forme che vincolano la libertà di azione di un paese e la sua autodeterminazione nel mondo. Le unioni solidali create per fare forza lo appesantiscono. Così è stato anche per il Mercosur. Durante il suo vertice, quattro giornifa, a Montevideo, il presidente argentino ha detto che il blocco commerciale fondato dal suo Paese più di tre decenni fa assieme a Brasile, Paraguay e Uruguay “è finito per trasformarsi in una prigione” per i suoi membri.
Secondo Milei l’impatto del Mercosur sul commercio mondiale si è ridotto dall’1,8% all’1,6%. “Ci siamo chiusi nella nostra bolla, impiegando più di venti anni per concludere l’accordo che celebriamo oggi, che è ancora lungi dall’essere una realtà”.
La difficoltà applicativa delle sue tesi si rileva nella necessità di svincolarsi da ogni legame precedentemente preso sia in modo orizzontale (con altri paesi come l’Argentina) che verticale (grandi istituzioni coi quali di fatto si cogestisce il controllo della cosa pubblica), Fare quanto da lui predicato è possibile solo tagliando vincoli e legami. E sarebbe un processo tutt’altro che indolore da realizzarsi ora. Bisognerebbe poi capire se veramente giova al benessere diffuso nel paese. Ma questo sarebbe un altro film che probabilmente non vedremo mai.