Erdogan! Sì proprio lui. Potrebbe essere l’ospite dell’incontro che si preannuncia storico tra Putin e Zelensky. Erdogan, proprio quello che il nostro ex presidente del Consiglio Mario Draghi chiamava “dittatore” e gli si fece notare che il presidente turco era stato eletto diversamente da lui.
Nulla da togliere alle gravi responsabilità sulla repressione nel suo paese. Ma potrebbe restare negli Annales per essere colui che si è mosso fattivamente affinché Putin e Zelensky si incontrassero per cessare questa spirale di guerra.
Le posizioni sono note, oltre che chiare. Putin sarebbe anche disposto a ragionare in termini di tregua. Zelenzky vuole finire questa guerra. (Evidentemente il suo paese non ce la fa più e a confermarlo sono pochi tra i reportage giornalistici che si peritano di parlare con la gente che da tre anni deve sopravvivere ai bombardamenti).
La risposta non detta di Putin sicuramente guarderà alle difficoltà di prospettive e laicamente non può garantire su una pace perpetua tra i due popoli. Le condizioni su cui realisticamente si può lavorare sono quelle su una sospensione che si possa confermare temporaneamente di volta in volta. Prima di tutto debbono essere accontentate le sue mire sul Donbass e su tutta la penisola di Crimea.
E questo sarà pure un boccone che Zelensky dovrà mandare giù portando come acquisizione da tre anni di guerra e molti morti il fatto di vedere la propria indipendenza garantita. (La libertà in geopolitica corrisponde a un concetto sempre più astratto e di certo una garanzia più forte ottenuta dagli americani è riferibile allo sfruttamento di alcuni terreni dai quali estrarre materie prima importanti per la tecnologia attuale). Questa indipendenza ha un costo vero e proprio quindi. E solo i posteri potranno dire quanto tra un inquilino scomodo dentro casa e un altro incombente ai confini sia preferibile questa soluzione. Ma sono gli scherzi della Storia come identicamente succede nella vita.