Chi è Francesco Acerbi? Quello glorificato dopo il gol al Barcellona che ha consentito all’Inter di pareggiare e poi passare il turno nella semifinale di Champion? Oppure quello che apostrofa come “sporco negro” un suo rivale di gioco (Juan Jesus)?
La vita di Francesco Acerbi ha conosciuto degli alti e bassi e l’uomo ha forgiato sicuramente un carattere tale da sopportare i fasti come i vituperi dei polemisti più accesi.
Quel che espone chiaramente il livello di suscettibilità della nostra società e dei grandi informatori a grandi sollecitazioni del momento detta molto luce, invece, sulle caratteristiche del nostro tipo di vita: molto umbratile e sensibile ai grandi richiami.
Sul piano razionale la questione non esiste. (Acerbi nel fare il gol al Barcellona ha semplicemente fatto il suo dovere di giocatore, bene per lui che lo abbia fatto bene. Nel lanciare l’offesa ad un giocatore ha mostrato i livelli di perdita totale di sé stessi in determinate fasi di tensione agonistica. Cose che succedono).
La raffigurazione passionale dell’uomo uscito da fortissimi problemi di salute e che vedeva minato se non conclusa anticipatamente la sua carriera da calciatore poi ripresa con tutta la passione e dedizione del mondo vale per incensare su di lui l’aura di benedetto da Dio per aver fatto il miracolo contro il Barcellona. Non è servita per assolverlo dalle male parole – sempre che siano state effettivamente pronunciate perché come attestazione si ha solo quella del calciatore offeso (uno spiraglio di garanzia bisogna sempre tenerlo aperto).
Regolare le due figure in una grande unità appare impossibile. Queste stesse figure però, essendo accreditate alla stessa persona, danno la possibilità a due connessioni semplici semplici. La prima consiste nell’estrema dimostrazione di quanto possa essere contraddittoria l’identità di una persona. La seconda, come si ripete, di quanto mutevole e contraddittorio è l’umore dei nostri commentatori. O meglio di quelli che vogliono decidere e stimolarci a riflettere. Forse dovrebbero farlo un poco di più loro perché in fin dei conti le cose vanno avanti e le persone pensano quel che pensano indipendentemente dai loro giudizi apodittici.