Nel 2024 l’Italia ha registrato una crescita modesta. Ma è anche vero che i salari cresciuti più dei prezzi. L’Istat ha dato evidenza pubblica in Parlamento dei dati relativi al nostro attuale andamento. Sono dati che contano, non perché qualcuno se ne curi, ma perché gli operatori di borsa che in ogni parte del mondo guardano il caso italiano con attenzione per vedere se confermare o vendere al più presto i titoli di Stato in pancia prendono le decisioni proprio da questi elementi statistici apicali.
Ebbene, il dato più apicale che però non interessa del tutto gli analisti di borsa consiste nel fatto che, sempre in Italia, ci sono più ottantenni che neonati.
Altro dato riguarda le retribuzioni reali della gente che lavora. In questi dati si conteggiano però solo quelle nominali. E quelle hanno corso più dell’inflazione. Segnano un recupero di potere di acquisto che nel 2021-22 si era abbassato. Ma parliamo sempre di decimali.
Il tasso d’inflazione medio annuo – dicunt! – è dell’1%. Il dato consolatorio consiste nel vedere l’Europa dove le cose vanno peggio che da noi. (La Francia ha una perdita del 2,6%; Germania, 1,3%; ma Spagna guadagna in potere d’acquisto pari al 3,9% …). Le retribuzioni contrattuali, tornando in Italia, sono cresciute del quattro per cento.
In Italia lavorano 23,9 milioni di persone ed è un record: la crescita è dell’1,5% su base annua e del 3,6% rispetto al 2019.
Detto questo si è ben lontani dal prospettare come felice questa fase. Vero è che i dati del maggiore partito di governo offrono un quadro di prospetta stabilità, però è anche vero che la dimensione di sfacelo si evidenzia da altri elementi che arrivano dalla sociologia e non dall’economia finanziaria. I giovani, sia laureati che non, continuano ad andarsene dall’Italia considerandolo evidentemente un paese con poche prospettive per il loro futuro. (Sempre nel 2024 i cittadini italiani espatriati sono 156mila, +36,5% rispetto al 2023). E insieme al dato sulla bassa natalità e la felice crescita della vecchiaia nella popolazione media danno il quadro di un paese vetusto, antiquato, legato ad antichi schematismi come gli stessi numeri di cui si forgiano i dati Istat appena indicati.