La Russia dà lezioni di democrazia all’Ucraina. Sempre la Russia fa un’immersione di buon senso al mondo sulle modalità per addivenire alle trattative di pace. Ma tanto per tornare la primo punto in queste trattative trova inadeguata la presenza di Zelensky. Lo ha detto Lavrov: Il ministro degli Esteri ha infatti fatto notare che “Zelensky non ha legittimità per firmare trattato di pace”. L’Ucraina dovrebbe fare le elezioni per scegliere il nuovo presidente. È chiaro a tutti e anche intuitivo il fatto che Zelensky sta sullo stomaco a tutti, non solo ai russi. Ma in verità si pone anche un problema di decorrenza dei termini e di convalida della carica essendo comunque il suo ruolo soggetto a nuove elezioni, anche laddove dovesse firmare accordi di pace, tutto risolversi. Ha effettuato ben oltre il suo mandato scaduto il 2024. Si dovrebbe andare ad elezioni e il nuovo presidente non riconoscere l’impegno preso da Zelensky. Quali garanzie darebbe alla controparte?
Lavrov ha citato la Tass dicendo: “State mettendo il carro davanti ai buoi. Prima dobbiamo avere un trattato, e poi, quando è stato concordato, decideremo. Ma il presidente Zelensky, come il presidente Putin ha detto ripetutamente, non ha legittimità. Questo è riconosciuto anche in Ucraina”.
La Costituzione ucraina indica come possibile firmatario il presidente del Consiglio Supremo dell’Ucraina. “Ma sarebbe meglio tenere le elezioni”.
L’altra lezione è sulla ritenuta improbabilità del Vaticano come sede dove tenere le trattative. Sempre Lavrov fa notare in un paese regolato religiosamente dalla Chiesa ortodossa non ci sono gli estremi per riconoscere l’autorità, la medietà, la terzietà di Santa Chiesa Cattolica Romana. Si potrebbe rispondere che la sede vaticana starebbe come luogo assolutamente neutrale e distaccato da ogni conflitto, un paese con un governo non regolato da altre potenze. E potrebbe essere questa la garanzia. Ma evidentemente non funziona così per la Russia. Ma stavolta è Peskov che azzera ogni avanzamento di candidatura. Il Portavoce di Putin infatti chiarisce: “Nessuna decisione sulla sede dei nuovi colloqui”.
Quindi se non è stata presa nessuna decisione non si può dire che è stato scelto per il no ad uno dei proponenti, quale è il Vaticano. E allora questa asserzione rischia di contraddire la stigmatizzazione di Lavrov.
Così dall’alto dei venti giornalisti esecutati conteggiati ufficialmente dalla Federazione Internazionale dei Giornalisti con il regime di Putin, tra cui si ricorda Anna Politkovskaja ma anche il blogger Navalny, si danno lezioni su come si esercita il libero pensiero.