Lo ha annunciato su il suo X, innanzitutto. E poi lo ha comunicato alla direzione dell’amministrazione di Stato degli States. “Con il finire del mio periodo come funzionario speciale del governo, vorrei ringraziare il presidente Trump per l’opportunità di ridurre gli sprechi. La missione del Doge si rafforzerà nel tempo, diventando uno stile di vita per tutto il governo”.
In definitiva non fa che ufficializzare quello che era nell’aria. Non farà più parte del governo di Trump. Esce dal mito, dalla grande illusione e forse anche da una marea di impicci. La qualità di un vero manager forse si rileva anche da questo.
Ma, cosa più importante, si sugella un punto alla mitopoietica del grande personaggio che in ogni contesto arriva e risolve proprio perché trattasi di una grande personalità. Sono piuttosto le circostanze insieme alle qualità commiste al soggetto a costruire una leadership che non riuscirebbe a costruirsi ed affermarsi se si fosse in un altro contesto.
Non andava perfettamente nelle sue taglie il ruolo di “dipendente governativo speciale”. Musk è un leader assoluto. Ad inizio dell’altro secolo si sarebbe detto: “padrone”. Ma oggi non attaglia neanche per i cani questa definizione ma definisce piuttosto bene i rapporti tra beni e leve di esercizio che debbono movimentarli e svilupparli. E questi hanno bisogno di leve assolute. Di momenti di comando che non conoscono burocrazie, non concepiscono magistrature, non indugiano in dialettiche sui diritti. Del resto ce lo ha insegnato Hegel: l’aratro della Storia non si ferma davanti alla presenza di una rara generazione floreale spontanea.
Era chiaro che il magnate avrebbe trovato problemi per mancanza di picco decisionale. Il miliardario non poteva ambientarsi in un ambito, per quanto americano, ma sempre interno all’amministrazione pubblica dello Stato. Non ha accettato di aver avuto praticamente le mani legate ottenendo quindi assai meno di quanto avrebbe voluto e quanto gli avevano chiesto.
La macchina dello Stato non è la sua macchina. Consiste in una macchina che decide per sé ed ha le sue regole di funzionamento. Va detto che con lui c’è stata una riduzione di spese da duemila miliardi a mille. Non ha guardato in faccia a nessuno nel governo. Musk fa Musk anche la domenica. E diversi dello staff di Trump non hanno apprezzato di vedersi ridimensionati negli appannaggi di strumenti e beni a disposizione.
E poi Musk ci ha da pensare alla sua Tesla, altrimenti rischia di rimanere al grande sogno di una generazione che si è però infranta negli scogli della bancarotta. Bisogna fare qualcosa prima che sia troppo tardi.