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L’appuntamento Saint Germain

Esistono delle occasioni nella Storia che debbono essere colte per l’insegnamento che offrono. Questo avviene nella vita di ciascuno come nei processi di grandi momenti riguardanti collettività.

Questi segnali importanti sono chiari ed evidenti e debbono essere interpretati per l’insegnamento che possono dare.

Uno degli esempio possibili consiste nella finale di ieri in cui è nato il ciclo di una grande squadra di football che farà parlare per anni di lei dopo una serie di tentativi non riusciti. E’ il Paris Saint Germain. Ha speso fiumi di soldi e finalmente è riuscita a vincere la Champion in modo netto e indiscutibile.

Un altro esempio invece consiste nel contendente di questo incontro calcistico. L’Inter con cento interruzioni di continuità e la scommessa di arrivare con investimenti modestissimi era riuscita a imporre in tutti i campi un gioco sempre molto fluido e totale. Inanellando una serie di vittorie ha mancato di un soffio il proprio campionato, ha dovuto rinunciare alla Coppa nazionale e si stava apprestando al massimo trofeo che paradossalmente rappresentava l’ancora di salvataggio per l’immagine di una stagione. Ebbene, nonostante partite con vittorie eccezionali, ma anche rocambolesche, perde maldestramente la finale col Paris Saint Germain. Per questi ultimi consiste l’atto di inizio di una lunga serie. Per l’Inter corrisponde all’atto finale di un esperimento che faceva sognare i sognatori (coloro quindi che non hanno bisogno di esemplificazioni evidenti per sognare perché già sognano di loro ma questo stimolo forniva sollecitazioni comunque grandi).

Ora il sogno è finito per l’Inter. E’ appena iniziato per il Paris Saint Germain. Ma mentre questi ultimi se ne sono accorti facendo giustamente festa, l’Inter deve analizzare la disfatta consistente in un piaga rimasta indelebile nella sua Storia gloriosa.

La partita ricorda un poco la finale del 1972 con l’Ajax di Johann Cruiff in cui l’Inter perse per due a zero, ma, cosa più importante, chiudeva definitivamente il ciclo della grande Inter degli anni Sessanta che l’aveva vista due volte vincitrice della Coppa dei Campioni e quattro volte campione d’Italia. Quell’Inter era oramai un po’ arrugginita e i grandi campioni che l’avevano resa grande non avevano trovato altri della loro stessa fattura. Ma in più c’era quella che sarebbe stata l’Olanda di Cruiff e il suo Calcio Totale. Volendo poetizzare per gioco potremmo dire: un salto epocale.

L’Inter allora ripartendo da Sandro Mazzola come certezza cominciò una rifondazione della squadra che si mostrò più lenta del previsto ma poi ci regalò l’Inter con Altobelli, Beccalossi, Baresi e il velocissimo Muraro.

Lo stesso deve fare oggi ricominciando tutto daccapo. Ma deve capire che un ciclo è finito. Con la differenza di non lasciare alle spalle alcuna gloria ma le speranze di un’utopia messa in gioco. Bisogna capire però quando il gioco finisce perché l’utopia oramai è compiuta in quanto è avvenuto il confronto con la realtà.

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