Tra i segni della perdurante crisi epocale deve essere annotato il segno di contraddizione attestato dalla Federazione autonoma dei bancari italiani per cui gli esercizi di credito nel precedente anno hanno attestato un utile netto di quarantasei miliardi e mezzo.
Un segno che significa una crescita di cinque miliardi settecento milioni rispetto all’anno 2023. L’incremento registrato in percentuale sarebbe quindi del quattordici per cento.
Tutto questo in una tendenza per cui le banche sono in crescita da tre anni. L’incremento registrato è di centododici miliardi. Tutto questo è stato sicuramente favorito (dicono anche gli esperti) dagli alti tassi d’interesse decisi dalla Banca centrale europea.
La parte del lamento che non manca mai guarderà anche il triennio precedente caratterizzato dalla fase Covid e pandemia. In quel tempo gli utili sono stati appena di quindici miliardi.
L’analisi delle ragioni di tanto successo è accreditato dall’esercizio del credito che costituisce il 58,5% dei ricavi totali. Le utilità arrivate dalle commissioni si vedono così superate avendo totalizzato il 41,5% degli utili.
La tendenza agli incrementi conferma in genere l’andamento economico generale italiano. Nel 2024 ha conosciuto una, così definita, “crescita moderata”. Ed è per questo motivo che le previsioni indicano un aumento del PIL tra lo 0,5% e lo 0,9%.
Ma è vero anche che dinamiche economiche mostrano segnali contrastanti. Sussiste infatti la “decelerazione della crescita”. Ed è attestata nel corso dell’anno. Si ravvisa per tanto una divergenza tra domanda interna ed estera.
Sempre guardando ai dati dello scorso anno, pervenuti solo recentemente, la crescita del Pil italiano è appena dello 0,7%. Un segno più ma inferiore alla Francia (1,2%) e alla Spagna (3,2%). Tutti sanno invece che la Germania attesta una contrazione (-0,2%) che si conferma per il secondo anno.
Il capitalismo ci confonde con vari segni aventi il più davanti con altre eccezioni alle quali fa da contrasto l’insoddisfazione crescente nel mondo del lavoro fatto di precarietà, rischi e marginalismo.

