Festival Venezia, un affare per tutti

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Se non incasso il film non vale un casso. Oramai si può adottare questa filastrocca come convalida della qualità di una pellicola. Solo facendo i conti di questa ultima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica che si svolge a Venezia ha generato settecentododici milioni. Lo dice uno studio Jfc di cui l’Ansa dà notizia. E si rimarca il fatto che ben pochi altri eventi portano un fatturato così notevole.

La manifestazione culturale deve così segnare la sua più rimarchevole sconfitta: l’essere menzionata, ricordata e valorizzata per l’importo economico e non per il valore in sé rappresentato.

Come se a dare senso a un grande evento dovesse intervenire il riscontro economico. Venezia quando è stata scelta come capitale del cinema italiano per la rassegna musicale di cui porta il nome, nel 1932, probabilmente non pensava al fatturato ma comunque alla rappresentatività nazionale.

Ed anche questo obiettivo si è cercato di infirmare con la realizzazione di altre rassegne internazionali del cinema aventi la pretesa di essere da gran richiamo nel mondo. Roma in testa a tutti. Venezia comunque ce l’ha fatta a restare ad essere la prima. Ed anche questo avrà pure il riscontro in un rendiconto ragionieristico sugli introiti propiziati dal cinema.

E in tutto questo gioco di autorappresentazioni non ci poteva mancare il riferimento al concetto di identità che la ministra in persona, sola, poteva dare: Daniela Santanchè. “Investire nella cultura significa, soprattutto, costruire un futuro sempre più prospero per l’Italia e per uno dei settori più attrattivi e distintivi del turismo della nostra nazione”.

Bene così. Inseriamo questa voce nell’ambito delle competenze del ministero dell’Economia. Sarebbe semplicemente conseguente.

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