Questa data è stata emblema della discussione di due anni. Ma la tesi prevalente consiste nel ripetere che questo terribile giorno consiste in un momento decisivo di un’escalation iniziata e propiziata in anni di intimidazioni e violenze nel territorio di Gaza. E queste perpetrate dal governo di Netanyahu verso una popolazione pressoché inerme e una contro-offensiva organizzata dal partito dell’opposizione armata palestinese di Hamas.
In questa argomentazione di cui potremmo riconoscere Massimo D’Alema l’iniziatore. L’ex ministro agli esteri, rimasto famoso per la sua passeggiata a braccetto di personaggi legati a Hezbollah, avrebbe così il merito di aver dato legittimità a una tesi che da tempo girava nelle redazioni e tra le opinioni di molti. Si tratta di un argomento di natura legittimista che per certi versi, se non legittima, spiega, ritiene conseguenziale a uno stato di fatto, la determinazione di un atto di guerra così forte e spietato. Somiglia per certi versi all’argomentazione che in Italia certa sinistra dava alle Brigate Rosse inquadrandole come reazione estrema alle provocazioni della polizia in piazza e alla repressione nelle strade. Letta così un’argomentazione come questa si inquadra in uno spiegazionismo per cui raramente accadono eventi effettivamente drammatici, bensì è la realtà della Storia, di quella Storia, ad avere con sé tutto il propellente drammatico.
Questa tipologia di tesi lascia il tempo che trova e si tratta di una valutazione generosa perché in definitiva trova assai più tempo di quello di quello per trovare una spiegazione profonda o un rimedio.
Con la surrettizia argomentazione per cui sul passato quanto si è determinato è determinato e non si può determinare in una spiegazione ma si deve prendere semplicemente atto come successiva scena di quel che c’è stato, si trasforma qualsiasi azione a supporto o a riparo come inefficace perché chiaramente non potrà riparare del tutto quel che c’è stato. Ma quanto è stato è condannato a riverberarsi negli anni.
Qui possiamo intravedere una lettura, per così dire, fisicista. L’impossibilità di irretire l’enorme fattualità in una spiegazione redentrice di un ambito di verità presunta rende i fatti riproducibili a catena. E così all’infinito.
Ebbene, questa cognizione, questa intima credenza, non è vera. E dimostrazione ne è la restaurazione avvenuta nel nostro paese dopo gli Anni di Piombo del terrorismo, così come la storia italiana che al di là di qualche strascico inevitabile di tensione tra opposte appartenenze ideologiche, un quadro si è ricomposto.
Questi due anni dopo il 7 ottobre 2023 sono consistiti nello scetticismo sostanziale, da parte di tutte le parti, di riuscire a ricomporre questo quadro. Hamas nell’aver innescato questa guerra, il governo israeliano nel rispondere in modo esclusivamente bellicoso, il popolo palestinese grande sconosciuto nel pagare il massimo della pena in una devastazione totale.
Si è ritenuto che la guerra e la carestia che comporta fossero le uniche risultanze dalla condizione di fatto. Ed è una considerazione che sottilmente accomuna Hamas, il governo di Nethanyahu, il mondo che osserva, col popolo palestinese a pagare il prezzo pieno.
La possibilità di un colpo di reni invece è affidata alle trattative di Sharm el Scheik e se arrivassero in porto sarebbe un risultato ben più appagante dei viveri portati dalla Flottilla per mare.
Si è scelta la data del 7 ottobre per dare una carica simbolica più forte a questa trattativa ed è sarà ancora più difficile cancellarla dalla carica simbolica costituita in questo dibattito.
Si dileguano così le argomentazioni dalemiane (come all’inizio sono state riferite) che invece minimizzano la portata di questo evento di terrorismo bellicista.
Il 7 ottobre 2023 è proprio iniziata una guerra, anche se le sue propaggini erano ben note precedentemente. La preghiera laica è che nella stessa data, due anni più tardi, se ne possa festeggiare la fine col rilascio degli ostaggi.
E allora quei ragazzi israeliani ne avranno di testimonianze da dare.
( foto ripresa dalla copertina di un libro uscito sulla strage: 7 ottobre 2023, il giorno più lungo, di Sharon Nizza, ed. Gedi )

