La lezione dalla crisi francese

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Si parla tanto di equilibri politici come il teatro di una rappresentazione da allestire per il pubblico ma le decisioni importanti arrivano da altri ambiti E’ il mondo che ci dà una diversa versione di sé. L’Italia e Roma che massimamente la rappresenta da paese in continuo ritardo sugli altri diventa apripista europeo nei mercati. E l’esempio più inaspettato è il paragone coi cugini francesi che ci hanno sempre guardato dall’alto in basso.

Dopo le dimissioni di Lecornu e al terzo governo francese caduto in frantumi, la Francia paga una caduta di immagine non del tutto inaspettata, date le premesse. Sui numeri il rendimento del decennale francese (OAT) è balzato al 3,57%, contro il 2,72% del Bund. Conseguenza ne è scaturita osservando lo spread OAT-Bund che è arrivato a 85 punti base, maggiore di quello tra Italia e Germania.

Quindi la divisa italiana come emblema di stabilità. E dà dell’incredibile. Facile commento potrebbe formularsi dagli States: “si pensi allora a come siete messi in Europa” …

Anche le banche centrali di maggiore rilevanza pare prediligano l’investimento in oro per l’idea di sicurezza che è difficile da confutare. Sono situazioni in cui si rafforza il valore del dollaro e oro che sono i dati sintomatici della paura. E sussiste quella circolarità tossica della bolla AI: le aziende investono l’una nell’altra per comprare i propri prodotti.

Quindi da una parte l’inflazione è in pieno corso e dall’altra l’oro comprese azioni e immobili, ci conferma il dato sintomale dell’inflazione ma è un dato sul quale i governi difficilmente possono fare qualcosa.

Conseguenza: i governi in carica che chiudono i battenti possono determinare la crisi finanziaria nel proprio paese ma gli stessi governi possono ben poco per contrastare le avversità del sistema finanziario e dell’instabilità.

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