“ L’atteso non si compie, e all’inatteso un dio apre la via “

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La frase espunta dall’opera teatrale Le Baccanti di Euripide lascia una crepa anche nella capacità interpretative di chi assiste all’evento che abbisogna di categorie interpretative nuove.

L’evento in questione nei giorni correnti riguarda la pacificazione a gradi sui quali si sta trattando tra Israele e Hamas con la grande direzione del presidente degli Stati Uniti ma anche dei paesi islamici moderati.

Il motore della grande trattativa è sollecitato dal business colossale presente nell’area di Gaza, suscettibile a grande intervento immobiliare e alla necessaria governance dall’alto di cui la direzione di Tony Blair farà da garante per i grandi capitali subentrati.

È questo un argomento di fiera opposizione da parte di molta comunicazione di sinistra in stile barricadero. Sicuramente l’evidenza espone il carattere puramente economicistico della finalità di questa pacificazione di rapporti espletati nello scambio di prigionieri e di ingresso si sostegno alimentare e altro nelle zone più devastate.

Ma appare insufficiente per ridurre la portata di questo grande passaggio nei rapporti di estrema ostilità tra i popoli che come forza in campo non mettono più gli eserciti ma i soldi. Si capisce perfettamente la delusione del criterio etico nella pacificazione ma se lo stesso criterio porta a una distensione dallo stato di guerra dal quale si è partiti è chiara la necessità di aggiornare i criteri di valutazione con la quale si giudica solitamente.

E forse anche l’istituto del giudizio deve essere rivisto. L’eccessiva aspettativa di un evento, infatti, ritualmente non arriva se le ragioni di questo evento non vengono rimosse con altre categorie e non si cambiano i parametri di valutazione.

In tal senso il nuovo, il rinnovamento, non va atteso come la provvidenza divina. Ci si deve lavorare attuando delle metodiche diverse da quelle che hanno generato il problema.

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