La pace dei sei giorni

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Si ricorda piuttosto la “guerra dei sei giorni”. Si determinò nel maggio 1967 quando l’Egitto chiuse il canale di Suez e Israele interpretò questo come un autentico atto di guerra. Il primo giugno, Israele formò un governo di unità nazionale e il 4 giugno fu presa la decisione di aprire le ostilità. Due giorni di attacchi aerei da parte di Israele poi le campagne terrestri tutte vincenti. Le forze aeree egiziane, siriane e irachene risultarono distrutte. Dal 5 al 8 giugno furono sfondate le difese egiziane, fino all’occupazione di Gerusalemme, Hebron e tutta la Giordania. Il 9 e il 10 giugno si definì il rapporto di forza con la vittoria netta sulle alture del Golan.

Questa rischia di essere ricordata invece come la “pace dei sei giorni”. Il lancio di siluri in terra d’Israele ha mosso una controffensiva nuova che rischiava di non placarsi se non fosse intervenuto pesantemente il piano della mediazione americana, ma anche l’assicurazione da parte dell’esercito di Hamas di non aver ordito né operato gli attentati.

La tesi ha qualche credibilità anche partendo dalle grandi matrici iraniane che non avrebbero alcun interesse nel riaccendersi delle ostilità.

Ora continua, anche con maggiore asperità e attenzione, la parte più delicata di questa tregua che deve trasformarsi nella continuità di una pace applicata.

È chiaro che per difendere queste condizioni di pace armata bisogna guardare oltre questi accordi e lavorare al più presto per dargli continuità anche nelle pratiche di fatto.

Il passaggio obbligato è determinato dall’ingresso di una sorta di esercito di pace portato in quelle terre per garanzia di tutti. Ma ogni nuovo ingresso da una parte necessario per l’ingresso di nuovi grandi capitali, dall’altra parte per la stessa ragione esita ad arrivare per la diffidenza della situazione ancora tutta da solidificare per le condizioni di pacificazione.

Le modalità di difendere questa tregua corrispondono alle ragioni di qualche esitazione per far arrivare: capitali, uomini, forze materiali per la ricostruzione del territorio.

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