Con lui la satira divenne argomento

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È morto il vignettista Giorgio Forattini. Era nato a Roma nel ’31, si era fatto notare a Panorama, Repubblica fino a dirigere Il Male, settimanale di satira in cui si beffeggiavano personaggi illustri fino a simulare la prima pagina dei più importanti quotidiani italiani. Questo solo per dire che il filone delle sue ispirazioni trovarono in giornali di sinistra il centro della loro evoluzione e crescita. Quando la sinistra divenne partito di governo non fu più così. Rimase leggendaria una querela di Massimo D’Alema per una sua vignetta che ritraeva il cosiddetto lìder màximo disegnato piuttosto come fosse Adolf Hitler.

Successivamente è stato creatore di illustrazioni per La Stampa, Il Giornale.

Forattini per la grande sintesi a cui arrivava con le sue vignette si conquistò la prima pagina dei giornali coi quali collaborò. In testa a tutti La Repubblica. Questo, come dire, che al di là di tanti commenti, analisi e introspezioni, quel disegno e la battuta offrivano una sintesi pregna della condizione generale di cui si andava trattando.

Il suo transitare tra un organo di informazione e l’altro e soprattutto il migrare tra l’essere ospitato a sinistra e poi a destra evidenzia la natura nomade della satira oltre all’incapacità del genere di avere un proprio dominio per cercarlo in casa d’altri. Ma la capacità di cogliere questo spazio e saperlo recepire anche come un boomerang fa parte della capacità di pensiero generale che in quella fase evidentemente riesce ad avere un controllo sul mondo, una propria visione, un orientamento che non riesce ad esser offeso dallo strale del sorriso beffardo creato da una vignetta.

Si ricordano di lui le immagini di un Berlinguer sempre triste o dello stesso segretario del Pci seduto nel suo salotto e disturbato dagli scioperi sotto casa – tratto che evidenziava l’imborghesimento di quel partito e di quella guida oramai incapace a gestire i nuovi conflitti sociali che infatti gli sfuggivano di mano.

Uno Spadolini tutto nudo che si dimenava con un pisellino piccolissimo, un Craxi in tenuta mussoliniana, ma anche uno stesso Carlo De Benedetti, suo editore, che davanti al giudice riusciva a dire: “viva l’Inter!” Tanto era irriducibile la sua versione a Silvio Berlusconi.

Sono esempi, questi, che hanno il limite di una storicizzazione impossibile, tanto è connaturato ai tempi in cui furono pubblicati la forza cogente del valore di rovesciare la versione corrente per dare l’immediatezza di una nuova visione dalle questioni.

Tutto questo fu la satira ed iniziò un nuovo capitolo nel giornalismo italiano con Forattini. Ma per le ragioni prima indicate, non deve meravigliare se, nonostante abbia dato, sia tanto difficile oggi ricordarlo adeguatamente.

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