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martedì, Luglio 1, 2025

Trump confida sul greggio

A colpi di dichiarazione si prende tempo per la mancanza di una formula per indurre alla fine del conflitto in Russia

Venerdì pomeriggio con Carlo Molinari

Firma copie per le Cinguettanti e un altro mondo presente in una dimensione di incanto

“ Ombre vive “

Edoardo de Filippo aveva un altra opera sconosciuta che potremo apprezzare o almeno il tentativo della stessa

Inizia il vero show presidenziale

Inutile dibattito televisivo. I commentatori danno Harris vincente su Trump ma questo non è detto possa spostare l’elettorato.

In un giorno ormai simbolico per gli Stati Uniti, candidato e candidata alla Casa Bianca si affrontano nel primo dei dibattiti prima delle elezioni del 5 novembre. Sono momenti che offrono maggiore spazio allo spettacolo che alla discussione vera e propria perché tra i due contendenti vince sempre il più affabile, il battutista, colui o colei che appare più fresca e disinvolta. Anche i sondaggi vulgati sul Washington Post rilevano però che non è detto questo aiuti effettivamente il vincente. Chi sta davanti al teleschermo può ammettere la maggiore brillantezza di un oratore rispetto all’altro ma poi decidere per quello su cui aveva già mosso le sue preferenze. La radicalizzazione dello scontro negli Stati Uniti ammette una fascia sempre più piccola di indecisi. Si parte da una parte o dall’altra senza troppe perplessità.

Mentre si discuteva la famosa cantante Taylor Swift ha fatto endorsement per Kamala Harris. A lei si unirà, immancabile, anche Bruce Springstein. Mentre dall’altra parte puntuale all’appuntamento per i repubblicani tutti si aspettano Clint Eastwood.

Tornando dal dibattito sagace è stata la mossa di Kamala Harris di presentarsi a Donald Trump ad inizio dibattito, come fosse una sconosciuta. Un modo per farsi riconoscere ufficialmente come avversaria al dibattito. Il gol Donald Trump invece lo ha fatto alla fine del dibattito quando ha chiesto e si è chiesto come mai i tanti propositi di Kamala Harris non li abbia fatti nei tre anni di vice presidenza dove, anche sull’immigrazione, aveva deleghe specifiche.

Dubbi sulla correttezza con cui è stato condotto il dibattito. Non infondate le accuse del portavoce di Trump che ha stilettato quelli della rete Abc di faziosità nella moderazione del dibattito perché presi sempre a rintuzzare Trump.

Siamo ben lontani da quel 1960 in cui il dibattito tra Kennedy e il vincente Nixon vedeva invece trionfare il primo e quindi vincere nella corsa alla Casa Bianca. Gli elettori oggi sono bombardati da messaggi e quella scatola che emette dinamiche visive del mondo reale oramai ha smesso di essere il totem. Ce ne sono molti, ciascuno il proprio, nei tempi preferiti.

La verità non è data dal mezzo mass mediatico. La verità non è data. E pare si viva meglio così.

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