Come è da venti anni a questa parte la vera sfida di ogni referendum consiste tra chi vota e chi no. E tra questi ultimi c’è chi si astiene per ignavia e chi lo fa perché sfiduciato. Ma soprattutto tra questi ci sono coloro che prendono la tendenza per farla loro e la traducono in un’opzione politica. Si è avversi ai requisiti referendari quindi si dà indicazione a non votare convinti che questa tendenza, per noncuranza o per scetticismo, sia già quella prevalente. Di qui le rammemorazioni al famoso “andate al mare” che i più sostengono sia stato di Bettino Craxi mentre chi scrive ricorda la primogenitura a Ciriaco De Mita. Riferimenti storici a parte, queste prese di posizione volutamente tronfie e grossolane si prendevano carico personalmente della responsabilità di finire per essere un’indicazione politica. Possono e potevano essere assimilata a una boutade, a una sortita occasionale di noncuranza ma non sottintendevano una precisa indicazione politica. Quando invece è un intero partito a dare l’indicazione del non voto come forma di elusione dal quesito significa che questa posizione attiene a una indicazione mediata, discussa, in qualche modo ragionata. E segue il chiaro indirizzo di assecondare la tendenza fondamentale al disoccuparsi di una questione nello specifico per riconsegnare pieno possesso al politicismo che potrebbe meglio definire “politicantismo”. È proprio la sfiducia nelle rappresentanze nei partiti rappresentati, così come nel livello di elaborazione e gestione presente nei partiti oggi a dover spingere ancora più fortemente a chiedere di decidere su questioni specifiche direttamente ai cittadini. La delusione diffusa verso queste forme delegate di rappresentanza nella direzione della cosa pubblica invece coinvolge anche quando ci sarebbe la possibilità di sovvertire questo meccanismo della delega. Il momento in cui il cittadino può votare direttamente su un oggetto di legge ed esprimere il suo vero intendimento è proprio il referendum. Mai bisognerebbe farne a meno. Semmai, come avviene in Svizzera, bisognerebbe avere tante consultazioni popolari in cui i cittadini possono dire la loro su provvedimenti specifici. La Costituzione italiana (che non è la più bella, né la meglio scritta, tantomeno la più avanzata democraticamente con buona pace di tanta demagogia diffusa) ha previsto un quorum di validità per non consentire fughe in avanti, laddove sussistano troppi cittadini distratti. Ma non si capisce perché altrettanto non valga per l’indicazione delle rappresentanze delegate in Parlamento in forma di partiti o movimenti associativi. Invece, come chi è assente non ha mai ragione, chi si disoccupa delle forme di organizzazione della nostra società non deve trovare scusanti. Deve sapere che chi voterà prenderà decisioni anche per lui. E questo dovrà valere in tutti i contesti.