Evaristo ha innovato il modo di concepire il calcio, il suo ruolo, il riferimento di un agonista di rango con la competizione di alto livello. Non poteva che innovare anche il modo per uscire dalla scena e rientrare. Solo oggi dai giornali sappiamo che quarantasette giorni fa ha avuto una crisi ma adesso ne sta uscendo. Ricoverato in stato confusionale in ospedale è entrato in coma. (Ed è questo consiste in un passaggio le cui modalità sono da chiarire bene quantomeno per questioni di appropriatezza della cura osservata a suo sostegno). Non si sapeva nemmeno se sarebbe uscito dalla crisi. Probabilmente il tutto causato da un ictus.
Ma la notizia è buona. C’è stato il risveglio dopo quarantasette giorni. L’Evaristo ha sessantanove anni, è ancora una leggenda vivente per il mondo interista ma per tutti coloro che ritengono il calcio essenzialmente un gioco dove conta l’estro, la voglia di sorprendere, di tentare, sperimentare … Prima ancora di un atto agonistico per milionari in mutande. L’Evaristo è ancora oggi una personalità a metà. Non è un mito per limite di trofei raggiunti ma è ancor più risponde a un ideale trascendentale di non fermarsi mai al consolidato e sperimentato. Grande anche negli errori lo è stato nella caduta delle condizioni di salute. Altrettanto grande nella ripresa e il risveglio che fa notizia a torto del solito irreparabile.