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Un appello all’azione

Draghi suona la sveglia. Ed è curioso sia un banchiere a farlo nei confronti di aspiranti soggetti politici, quali sono i leader europei riunitisi al XVIII Summit Cotec di Coimbra in Portogallo.

L’appello arriva per scuotere, sollecitare, creare un protagonismo europeo. Mario Draghi all’Unione Europea spiega come la vicenda dei dazi, ben lontana da potersi archiviare, si sia arrivati a un punto di rottura. Bisogna trovare un nuovo accordo con gli Stati Uniti. E in ogni caso dimenticare il rapporto preferenziale di un tempo, niente sarà più come prima.

I segni per questo nuovo equilibrio mondiale c’erano tutti da prima: “la situazione che si stava deteriorando anche prima del recente innalzamento delle tariffe. Quindi, le frammentazioni politiche interne e la crescita debole ha reso più difficile una effettiva risposta europea. Ma gli eventi più recenti rappresentano un punto di rottura. L’uso massiccio di azioni unilaterali per risolvere le controversie commerciali e il definitivo esautoramento del Wto hanno minato l’ordine multilaterale in modo difficilmente reversibile”.

Davanti il chiaro atteggiamento di chi va da sé si deve essere conseguenti, pena lo scivolare nelle retrovie del mondo. Sempre Draghi: “le recenti azioni dell’Amministrazione statunitense avranno sicuramente ripercussioni sull’economia europea. E anche se le tensioni commerciali dovessero attenuarsi, l’incertezza rischia di persistere e di frenare gli investimenti in tutto il settore manifatturiero dell’Ue”.

C’è un metodo per uscirne: “investire in mondo massiccio e responsabile per preservare la nostra libertà. Nel lungo periodo è un azzardo credere che torneremo alla normalità nel nostro commercio con gli Stati Uniti, dopo una rottura unilaterale così importante in questa relazione – o che nuovi mercati cresceranno abbastanza velocemente da colmare il divario lasciato dagli USA. Se l’Europa vuole davvero essere meno dipendente dalla crescita degli Stati Uniti, dovrà produrla da sé”. Il riferimento è all’energia ma è anche a un modello vero e proprio in cui il vecchio continente dovrà sentirsi pienamente autonomo dall’assistenza americana. E a questo non può eludersi l’autonomia della realizzazione e la difesa militare. Mario Draghi però non adduce questo arretramento dal dopo seconda guerra mondiale. È più benevolo.

“Dal 2020 abbiamo perso il nostro modello di crescita, il nostro modello energetico e il nostro modello di difesa. Gli europei avvertono in modo acuto il senso di crisi”. Una condizione che è il segno di una crisi e non di un’esaltazione di potenza tanto che assistiamo a un shock politico massiccio negli Stati Uniti. Bisogna fare qualcosa!

 “Fate qualcosa – esorta – presto resteremo soli a garantire sicurezza Ucraina”. E torna sul tormentone: “Dazi? Ci sarà eccesso produzione cinese in Europa”. E il ricorso alle armi consegue sempre l’egida delle merci.

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