La Caporetto per il centrosinistra che abbiamo visto con l’esito del referendum dell’ 8 e 9 giugno deve invece dare serenità alle sicure fibrillazioni che sarebbero state conseguenti qualora invece sarebbe stato raggiunto il quorum con la conseguenzialità della probabile vittoria del Sì. La parte pam-sindacalista dello schieramento progressista avrebbe cercato di incassare il massimo da questo risultato, avrebbe creato delle fibrillazioni affinché fosse liquidata senza indugio la parte moderata e post renziana e soprattutto sarebbero stati costretti a prendere le redini e chiedere un redde rationem al governo in carica. E se, in questo caso, la Meloni si fosse dimessa avremmo costretto il centrosinistra a dimostrare quanto ha in termini di vocazione nella cultura di governo. Un centrosinistra assolutamente non pronto a prendersi le proprie responsabilità in termini di governo. Dimettendosi, in questa immaginaria fantasia, Meloni avrebbe scoperto il fatto che il re è nudo e questo fronte progressista è totalmente inadeguato.
Tutto questo non è avvenuto, quindi i partiti del centrosinistra possono continuare a litigare tra loro, tra componenti, tra personalismi, gestire i loro malumori e tornare a campare sperando che finisca questa fase e che cambi il vento.
Possono dire di aver fatto la loro battaglia, i partiti di sinistra, e campare onestamente, quindi intestare la sconfitta al sindacato di Landini che potrà invece vantare la percentuale ottenuta come potenziale a suo favore.
Il centrodestra gongola e va avanti. In tempo reale allo spoglio delle schede c’è addirittura un impegno nazionale per un’iniziativa politica. Proprio a volere attestare il loro sine cura nei confronti di quanto poteva cagionarsi in questa consultazione elettorale.
Ma proprio questa baldanza e la certezza dell’assenza di avversari al di fuori della coalizione di governo può paradossalmente indebolire la stessa coalizione: consente fughe in avanti a ciascuno convinto che non esista avversario al di fuori delle mura di cinta dell’alleanza a sostegno di Meloni.
E invece potrebbero esserci e le condizioni apparentemente favorevoli potrebbero volgere in negativo se si centrasse il tutto sulle condizioni capestro del lavoro a cui i più sono chiamati. Condizione non sufficientemente affrontata dal sindacato e dai perdenti di oggi legati invece a uno schematismo novecentesco. Così come considerare il referendum non come momento effettivamente decisionale bensì come strumento di propaganda.