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venerdì, Luglio 4, 2025

Trump e Putin e la call annunciata

Anche se non fa notizia la guerra in Ucraina continua e i due principali attori debbono parlarsi

Più caldo uguale meno latte

Si delineano le condizioni per un grande allarme per carenza di fonte idrica primaria

Quanti gigawatt si consumano col caldo

IL mondo dell'Economia dice la sua anche sull'impennata delle temperature

“Siamo in un’era di predatori ma l’Europa non sarà preda”

Lo ha detto Mette Frederiksen, ministro di stato della Danimarca (lo riporta l’Ansa). Ed è l’asserzione che potrebbe conchiudere il senso di questa fase storica dove i grandi della Terra si sentono al telefono per non trovare né accordo per la pace quantomeno gli elementi per una distensione.

Sulla famosa conversazione tra Trump e Putin di cui tutti erano in attesta il presidente ha dichiarato alla spicciolata: “non ho fatto nessun progresso sull’Ucraina con Putin”. “Ho fatto”. Come se tutto fosse nelle sue mani. Quantomeno deve essere preso a plauso l’assumersi della completa responsabilità per un conflitto non determinato durante la sua presidenza. Però proprio questo potrebbe segnalare l’evidenza di un limite, quello di non essere in grado di dirimere questioni così grandi e complesse.

Dall’altra parte del telefono abbiamo un Putin sempre determinato che non recede nelle sue attestazioni. I negoziati andranno avanti ma Putin ha dichiarato che non intende rinunciare agli obiettivi. Ma più specificamente, dice che debbono essere eliminate le cause di fondo per cui il conflitto è iniziato. Dal suo canto così non gli si può dar del tutto torto perché se sospendesse le operazioni militari come giustificherebbe i suoi morti e i suoi danni dovendo accettare la condizione che si è comunque determinata? Chiaramente gli si deve assicurare che mai e poi mai l’Ucraina entrerà nella Nato, ma anche che rinuncerà alla protezione americana facendo diventare il suo territorio un porto franco. Quindi fortemente vulnerabile agli appetiti della Russia!

Non sente ragioni quindi il diretto interessato, Volodymyr Zelensky. IL presidente ucraino se n’è volato in Danimarca che comincia il semestre in cui questo paese guiderà l’Unione Europea. Le sue motivazioni sono le stesse prevedibili e ripetute: mandare armi di cui ha assoluto bisogno. Ma la stessa richiesta è nuovamente esortata agli americani per quei gioiellini dei Patriots di cui dispongono e che tanto piacciano alla difesa dei militari ucraini.

Dal fronte dell’Unione si risponde a Zelensky che non ci saranno diminuzioni di approvvigionamenti militari da parte europea e che non si risentirà del rallentamento americano, per altro negato da Trump. Ma è proprio l’imprevedibilità e la mutevolezza del presidente americano a dare maggiore instabilità all’asse di ferro che si era creato attorno a Zelensky. Tanto che von der Leyen ha detto di poter aumentare lo sforzo europeo a sostegno dell’Ucraina.

Una frase incauta e inadatta in un consesso di quella portata, sicuramente. Ma il positivo di una visita che non deve ridursi a cerimonia lo ha dato proprio il presidente della Danimarca, Mette Frederiksen. Frase nel quale si trova almeno uno spirito d’Europa.

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