Con la premessa di non aver raggiunto il quorum quindi di accettare la sconfitta, il segretario della Cgil apprezza i voti arrivatigli su ciascuno dei quesiti referendari proposti. “Questo per noi è un punto molto importante. Sapevamo che non sarebbe stata una passeggiata in un paese dove c’è una crisi democratica evidente”.
“Lo abbiamo fatto perché riteniamo oggi che estendere il lavoro e la democrazia non sono due cose diverse ma sono due cose identiche”.
“Noi consideriamo tutto questo un inizio di investimento. Tutto questo lavoro non può terminare. Tutte le persone che abbiamo incontrato non può dissiparsi. Sono state settimane e mesi in cui abbiamo capito che il sindacato deve imparare anche ad ascoltare. Dobbiamo continuare questa lotta sindacale per continuare questa mobilitazione”.
Quindi il percorso non si è concluso, anzi è appena iniziato. E se le parole non sono dette perché siano fumo buono per dare una lettura al momento, c’è da credere sia solo l’inizio del formarsi di un nuovo soggetto politico. Probabilmente cambieranno le categorie, superando l’idea di progresso o di socialdemocrazia così come appreso nelle esperienze novecentesche.
Se gli accenni non sono a vuoto il nuovo soggetto di cui parla Salvini dovrebbe incentrarsi tutto sul lavoro e sulla sua sostanzialità in ogni questione. Lavorare, guadagnare secondo la propria attività e vivere un’esistenza adeguata non può essere considerata una categoria di sinistra o di destra. Trattasi di una quesitone fondamentale nel tempo schiacciata da altre questioni pur importanti e meritorie, quali il senso dello schieramento internazionale, la sicurezza, la solidarietà, il garantismo e l’apertura verso le minoranze.
Tutte questioni, queste ultime, che hanno formato la quintessenza della nuova configurazione della sinistra nel nostro paese. La ripartenza di Salvini vuole invece abbracciare la categoria lavoro e le more stabilite nel dibattito dalla sua primalità.
D’altra parte Landini deve capire anche che se si è tentato di tendere una mano ai suoi referendum c’è stata la politicizzazione. Il richiamo all’orgoglio di schieramento per tentare di fare il colpo gobbo con il referendum è stato dettato dal richiamo all’elettorato. Avendo predicato sostanzialmente l’astensione sia Meloni che Salvini e La Russa, la reazione doveva essere quella invece il raggiungimento del quorum. Questo non è avvenuto. Ma la logica per cui qualsiasi buon risultato della percentuale votante si dà come acquisito e come positivo non deve essere un alibi per una sconfitta epocale.