Quesito: sulle categorie del socialismo quale definizione si potrebbe dare del Partito Democratico? (Stiamo parlando chiaramente dell’attuale partito edito in Italia). Possiamo azzardare un’impostazione di tipo post-massimalista? Oppure lo definiamo nel solco dei riformismi tipici della tradizione socialdemocratica europea? (…). Risposta al quesito: Ma in fondo a quale pro una risposta a questa domanda se queste contraddizioni sono presenti in ogni formazione laburista e riformista che si è formata dopo la Seconda Guerra Mondiale?
Ma il campo dell’effettuazione pratica della cultura presente nel corpo vivo del suo elettorale, tale da formare un perché per questo partito, lo si trova nelle sue concrete manifestazioni. Una di queste chiaramente è il dato elettorale. Ma è vero che questo dice e non dice. In altri contesti avremmo potuto valutare dalla promozione di personaggi più o meno riformisti o oltranzisti. Oggi la logica delle preferenze sappiamo essere abbondantemente bypassata dalla scelte di segreteria. (E questo fu ritenuto un grande avanzamento democratico. Senza entrare nel merito di questo giudizio si recepisce oggettivamente come la mancanza di questo tratto costituisca nell’assenza di un elemento costitutivo di ri-conoscimento dell’organizzazione politica).
E allora un altro criterio, più empirico, consiste nella scelta di manifestare e nella presenza di società vera a queste manifestazioni. Sono loro a dare la linfa all’organizzazione. (Anche se togliattianamente sappiamo non essere determinanti per la vittoria, anzi, tutt’altro).
IL 21 giugno Roma ha visto scendere in piazza quattrocentoquaranta associazioni. Tutti insieme per il disarmo.
Con un facile gioco di parola l’argomento è ritenuto disarmante da un’altra parte del partito per cui invece questo momento appare decisivo per costruire un nuovo protagonismo europeo, decidere di contare di più. E questo sostanzialmente si può fare solo mostrando i muscoli. Le parole da sole non sarebbero sufficienti.
Nel frattempo il vertice Nato all’Aja che rimarrà sicuramente fortemente impressionata da tanta presa di coscienza nella piazza romana. E non serve dire che in quella piazza ci sarà tra i promotori proprio quel Giuseppe Conte che nei panni di presidente del Consiglio aumentò i fondi per le spese militari.
Si dirà: le decisioni nella Storia vanno valutate per i contesti, un conto una manovra di spesa per accondiscendere richieste interne un altro essere succubo dell’escalation militare. E qui la discussione si produrrà all’infinito.
Ma ci sono anche quelli del PD. Molti hanno votato nel contesto europeo il piano di riarmo. Qual è il volto di questo partito su questa dirimente questione?
Intendiamoci, il PD, ufficialmente, non aderisce. Ma le formule le conosciamo: tanti suoi rappresentanti saranno presenti ad indicare una battaglia interna e un’inquietudine profonda. Si dirà nuovamente: non potrebbe che essere così data la condizione generale che viviamo.
Ma il volto del PD è quello dei campesinos alla Elly Schlein oppure devi vari Lorenzo Guerini, Giorgio Gori, Lia Quartapelle, Pina Picierno, Filippo Sensi che chiedono l’aumento degli stanziamenti per la Difesa?
Il discente può svolgere la questione secondo i percorsi ritenuti maggiormente congeniali, saranno comunque apprezzati e legittimi. La tranquillità dell’esposizione sarà data dal fatto che non sussistono risposte in grado di delimitare il vero e il falso in questo ambito di disputazione (oltre a quelle strettamente fattuali, chiaramente).