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domenica, Marzo 23, 2025

“Volenterosi” dalla Cina … (forse)

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Un protagonista, e deuteragonista del grande rivale col quale ha tenuto in tensione il mondo

Kiev è sola

Sembra un controsenso dalle cronache ma la condizione fattuale riporta al dato essenziale

Ricordando Luigi Einaudi

Concorrenza in tutto e per tutto, la lezione di Luigi Einaudi. È la lezione che ci arriva ed emancipa l’idea di liberalismo fatta a pezzi dall’affermazione dei totalitarismi con l’abbattimento di ogni libertà, quella personale ancorché quella di fare iniziativa nel mondo dell’impresa.

L’obiettivo dei liberali è avere una società varia – ci insegna sempre Einaudi. L’esigenza è quella di dare nuovi fondamenti a questa categoria politica. E il percorso resta quello di dividere nettamente e in modo reciso il mercato, l’economia, reale, dal mondo delle decisioni relative alla sfera politica.

Il liberalismo è uno e si perpetra nel tempo ma anche i liberali debbono risolvere i problemi del tempo. La petizione di principio della libertà non serve ad affermare il liberalismo. La difesa della patria è più importante della ricchezza personale, aveva scritto Adam Smith.

Ma l’uomo libero crea istituzioni libere e liberali. Liberalismo non coincide con capitalismo.

Alla radice del male sociale c’è il monopolio: quel campo chiuso che non consente agli altri di accedere. Sul monopolio si può mutuare la famosa frase di Proudhon che la proprietà è un furto. È il monopolio ad essere un furto.

Dove tutto dipende dallo Stato lì sussiste schiavitù. E nonostante importanti liberali siano stati a favore della statalizzazione dei grandi interessi pubblici come l’acqua, la gestione e il beneficio dei beni a disposizione deve essere a disposizione delle qualità imprenditoriali dei singoli.

I liberali sono contro sia al tiranno che all’unico proprietario. La distribuzione dei beni deve essere in grado di offrire i mezzi di sussistenza per ciascuno dei suoi cittadini. Tutti i giovani debbono poter disporre della possibilità di andare a scuola fino alla formazione post universitaria, senza poter pagare alcunché.

“Di fronte ai problemi concreti, l’economista non piò essere mai né liberista, né interventista, né socialista ad ogni costo; ma a volta a volta osteggia i dazi doganali protettivi, perché reputa che l’attività economica sia massima quando sia aperta senza limiti la via alla concorrenza della merce estera” (Luigi Einaudi, Liberismo e Liberalismo, ed. Società Aperta, pag. 124). Ma insieme al decalogo delle volontà liberali, quali leggi che non consentano lo sfruttamento delle donne e dei bambini al lavoro, alla proibizione del lavoro notturno, al risarcimento degli infortuni sul lavoro, (…) in sostanza un ampio spettro di riforme che oggi includeremo nel Welfare, il liberale “è contrario alla socializzazione universale perché prevede che attenuerebbe l’interesse a produrre” (ivi). Ma vuole anche che lo Stato consideri le ferrovie come industria pubblica: “reputando dannoso alla collettività il monopolio privato dei mezzi di trasporto”.

Einaudi ricusa la possibilità ammessa da Benedetto Croce di concepire un liberalismo all’interno di un sistema sociale governato dal comunismo. Come il Kant ritiene la libertà di pensiero ben poca cosa se non implica una libertà di agire e quindi anche di intraprendere. In una condizione di allineamento generale dei singoli “anche la libertà di pensare con sé stesso è mortificata”.

La definizione più vera che arriva del liberalismo consiste nella “concezione storica del liberismo economico” per cui: “La libertà non è capace di vivere in una società economica nella quale non esista una varia e ricca fioritura di vite umane vive per virtù propria, indipendenti le une dalle altre, non serve di un’unica volontà” (ivi, pag. 130).

Ma sui danni che derivano dall’effetto-massa-schiacciante, determinato dalla mole di attività regolata dal sistema del credito e del conformismo produttivo, Einaudi vedeva affiorare il fenomeno dell’anacoretismo economico. Si intende cioè la tendenza isolazionista del piccolo produttore di farcela da solo, di produrre, vendere e innovare il circuito produttivo senza tener conto dei grandi fattori di cambiamento che sempre intervengono nel settore produttivo. Tutto questo per ammettere che anche in un sistema liberale si possono creare delle storture. “Non tutti i tipi di organizzazione economica sono ugualmente atti a fornire la piena liberazione allo spirito anelante, diversamente a seconda degli uomini, a svolgere quel di migliore anela in ciascuno di noi”. Ce l’ha chiaramente col comunismo, ma non è nemmeno il capitalismo quando mette agli apici della classe dirigente persone non selezionate dal mondo reale. IL pericolo reale in ogni regime è il conformismo, l’allineamento, la ripetizione di schemi, nel convincimento che il loro funzionamento sia costante. Mentre è nell’innovazione e nella capacità del singolo di scoprire elementi innovanti si regge l’evoluzione delle società. E anche della scienza.

Ed è per questo che le nostre società in qualsiasi stato o staterello d’Europa siano concepite hanno bisogno di una ri-forma liberale. Non radicale. Liberale oltre che liberista. Come Einaudi ci aveva insegnato.

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