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domenica, Maggio 19, 2024

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Solo l’Italia pratica la passerella dei leader che per il Parlamento Europeo mettono la faccia ma non il culo. Non c’è giornale indipendente che non stigmatizzi questo comportamento adottato dai leader. Da una parte si vuole rafforzare il simbolo mettendo in campo il proprio volto – come se i leader diano un vero valore aggiunto. Insieme si associa la pratica delle simpatizzazioni attraverso i like con il voto, dimenticando che anche sotto il profilo del comportamento si tratta di due momenti assai diversi. Nel dare il segno di simpatia estemporaneo nei Social si stabilisce un contatto assoluto, episodico e relativo allo specifico atto rappresentato. Con il voto invece si effettua una scelta alternativa ad altro, si compie una selezione, si adotta – in alcuni casi – una scelta strategica che non può non guardare prioritariamente l’intero campo di scelte. Ed è ben diverso dal dare un like. La Storia recente ha mostrato una miriade di casi relativi a personaggi che riscuotevano grande simpatia popolare poi rimasti delusi alle urne. Sono Gianfranco Fini, Mario Segni e lo stesso Mario Draghi sul quale si pensava a una scelta plebiscitaria alle Camere come presidente della repubblica.

Le elezioni, quindi, sono un altro sport. I leader che si candidano sarebbero stati comunque oggetto di critica feroce se non lo avessero fatto. Sarebbe stato detto che hanno lavorato, sì, ma non hanno dato il massimo per le rispettive liste. E sarebbero stati preferiti a loro altri personaggi che invece si erano giocati tutto.

Il rapporto di forze tra i partiti di centrodestra come tra i partiti di centrosinistra non lascia spazio a concessioni da dare all’avversario di schieramento. Bisogna giocarsi tutto. Mettere la faccia perché questa partita potrebbe essere l’ultima dello loro stagione. E non è detto che inserire il proprio coinvolgimento diretto aiuti granché ma il non averlo fatto porterebbe recriminazioni, critiche e autocritiche che è bene risparmiare allo spirito coscienzioso.

Un costituzionalista, Gianfranco Mor, propose di inserire una norma che rendeva conseguente e direttamente investito l’eletto in caso di scrutinio a proprio favore, tanto da non potersi esimere. Potrebbe riproporsi oggi. Ma non sarà fatto e non solo perché sarebbe una diminuzione di libertà personale nella gestione della propria figura politica. E neanche perché, essendo una pratica abituale, questa opzione non la vuole nessuno. Bensì perché limiterebbe uno spazio di democrazia che dà la possibilità a una forza che si muove in questo ambito di gestire con autonomia sé stessa.

Il fatto che nel resto d’Europa non si faccia non è una buona ragione per imitare quanto si fa nel resto d’Europa. Serve solo a capire il rapporto diverso che c’è tra la società reale e i propri rappresentanti. Un rapporto più distaccato, o quantomeno meno bisognoso di stimoli rappresentati da persone, ma costituito invece da idee, proposte e prospettive.

In Italia il teatro continua con altri mezzi. È la finzione di cui si sente il bisogno per riuscire ad andare avanti.

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