C’era da immaginarselo e infatti è accaduto. La convocazione ufficiale fatta da Erdogan ad Istambul per discutere la cessazione delle ostilità tra Ucraina e Russia ha visto la presenza solo di Zelensky. Il presidente ucraino è accorso dando chiara manifestazione di sé e del fatto che di questo conflitto lui e il suo popolo proprio non ne possono più.
Putin non poteva arrivare convocato da altri, quindi trascinato in scelte non meditate e mediate da lui e dal suo staff. All’incontro ha mandato alcune seconde linee atte a verificare quale novità avevano da dirgli o gli avrebbero detto qualora lui si sarebbe presentato.
L’apparenza è che questa dimensione della guerra non vada poi tanto stretta al presidente russo. Del resto nella sua carriera ne ha condotte cinque di guerre. Il suo establishment è vocato a una condizione belligerante ed è in questo modo che riesce a farsi apprezzare dagli oligarchi russi. Prima di togliere questo incantesimo guerriero che dura da tre anni ci penserà sopra. Sempre più – è il commento di diversi osservatori – può essere assimilata la sua condizione di presidente a quella di Netanyahu per il quale la guerra è la condizione per restare in piedi (con qualche ovvia accentuazione per il presidente israeliano, ovviamente).
Ora il ruolo per gli altri attori consiste nel prendere un contegno nell’alzarsi dalla sedia e decidere la mossa opportuna da fare. Erdogan potrebbe riscattare la sua immagine nel mondo riproponendosi in qualche modo come ospite di un nuovo negoziato. (In questo potrebbe fare concorrenza a una new entry rappresentata dal Papa Leone XIV che pure si è candidato).
Quindi qui ci sono degli attori a cui molto preme la loro immagine del mondo al cospetto di altri che non se ne curano affatto. E non a caso sono i belligeranti. Zelensky e Putin hanno in comune il fatto di aver perso tutto nella loro prospettiva futura per preoccuparsi sul dopo.
Un altro invece che pare giocare sulla sua immagine ma punta ai rapporti di potenza da stabilire nel futuro prossimo e venturo è Donald Trump. Aveva detto che avrebbe risolto tutto in un minuto ma era chiaro si trattava di una bordata da campagna elettorale. Ora chiudere questa vicenda significa però per lui non solo uscire con dignità dall’impegno preso dal suo predecessore ma anche veder diventare redditivi gli investimenti fatti in Ucraina sulle materie prime.
Ma l’impegno degli americani inerisce materie ancora più sostanziose. Scrive Reuters: “Con il gelo che avvolge le relazioni energetiche tra Europa e Russia, funzionari di Washington e Mosca hanno discusso della possibilità che gli Stati Uniti contribuiscano a rilanciare le vendite di gas russo al continente, secondo quanto riferito a Reuters da otto fonti a conoscenza dei colloqui”.
Lo stato di guerra può rappresentare un viatico ghiotto per avere un ruolo in affari altrimenti impossibili da effettuare. Quelle sedie paiono destinate a restare senza terga da poggiare.