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Una tesi forte che fa acqua

Il nostro potrebbe essere meglio denominato come “Pianeta Acqua”. La nuova denominazione serve a dare definizione alla caratteristica della Terra che abitiamo e non rispettiamo secondo i suoi tratti necessari. E il primo tra questi consiste proprio nella sussistenza di presenza di acqua. Pare un ritorno sapiente a Talete, ma Rifkin non fa metafisica. Il suo discorso al Venice Climate Week tocca le principali emergenze del sistema di vita.

“Senza acqua non ci sarebbe la vita”. Almeno questo primo dogma di partenza deve essere dato per universalmente accordato. Di conseguenza arrivano le deduzioni per preservarne l’esistenza degli esseri che lo abitano. L’economista illuminato ha un obiettivo tematico chiaro: la Silicon Valley e le big tech.

Se è vero, come è vero che bisogna ripensare a stabilire un rapporto tra le nuove tecnologie e il rispetto del pianeta bisogna sempre ricordare che è l’acqua, non la terra, a renderci unici nell’universo. Ma assistiamo alla reazione dell’idrosfera per effetto del riscaldamento globale. Eventi meteorologici estremi danneggiano gli ecosistemi. E pone come improcrastinabile il dovere di cancellare i combustibili fossili. Quindi ripensare all’acqua come fonte di vita.

Propone quindi l’obiettivo di adattarci all’idrosfera. Rivoluzionare quindi lo spirito di demiurgo che consisteva nel superare i limiti dell’umanità adattando la Terra ai suoi capricci. Piuttosto entrare nel Blue più forte, evocativa e da affiancare al più famoso Green Deal. Termini come “resilienza” allora non possono che affiorare in modo molto prevedibile. Nel libro che presenta, Planet Aqua, proprio a Venezia, emblema di convivenza di un’intera società sul mare, insiste sul concetto di fonte di vita e non di risorsa da sfruttare. Ma per trasferire l’acqua al cuore delle nostre attenzioni e interessi possiamo farci aiutare proprio dall’intelligenza artificiale, dalle stampanti 3D e dalle energie rinnovabili. “Il mondo reale sta cambiando, le tecnologie consentono una economia sempre più distribuita e il cambiamento climatico sta ridisegnando la geografia perché i danni che arreca non hanno confini. Il futuro non è degli Stati ma delle bio-regioni, ovvero regioni che condividono degli ecosistemi e se ne prendono cura. E l’unico modo per farlo è rimettere l’acqua al centro.

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