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Conservare la memoria dei mordi del lavoro. Non solo il lavoro come valore assoluto, citato innumerevoli volte per il riferimento all’incipit della Costituzione. Tantomeno il lavoro in astratto come diritto.

Sono probabilmente studenti coloro che hanno sostituito delle intitolazioni di vie famose a Roma per dedicarle ai morti sul luogo del lavoro. Almeno così ne dà informazione l’Ansa.

L’intuizione serve ovviamente a centrare l’attenzione costantemente a un problema che pare impossibile affrontare seriamente. Nonostante sia tematizzato ormai da decenni i morti in vari cantieri aumentano. Eppure sono state fatte leggi specifiche per il controllo e la prevenzione.

La mortalità nel luogo di lavoro pare essere diventata una causa di morte paragonabile alle malattie o ad incidenti stradali.

Responsabilità additate sempre a gare al ribasso, ai sub appalti, all’occupazione irregolare, alla mancanza di adeguamento ai criteri di protezione nei cantieri o in fabbrica. Il tutto motivato dal fatto che tanto adeguamento corrisponde a un costo troppo oneroso per la macchina produttiva.

Il primo responsabile allora dovrebbe essere additato alla corsa al ribasso nei prezzi e al tentativo disperato di contenere i prezzi come se le leggi dell’Economia consistessero nelle uniche leggi di vita esistenti.

In tal senso appare specificamente azzeccato lo slogan scelto per accompagnare la campagna di denuncia: “ci sono spazi che occupano la vita”. Questi spazi strappati vogliono conquistare un frammento di memoria vissuta sul problema. Gestire gli spazi nella propria attività e renderla agevole consiste nella condizione per salvaguardare le condizioni di vita in quello stesso spazio.

Altri slogan meno mortiferi e magari maggiormente pro-attivi dovrebbero essere coniati e divulgati.

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