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domenica, Marzo 23, 2025

“Volenterosi” dalla Cina … (forse)

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Un protagonista, e deuteragonista del grande rivale col quale ha tenuto in tensione il mondo

Kiev è sola

Sembra un controsenso dalle cronache ma la condizione fattuale riporta al dato essenziale

Tra due Martelli

Gli amanti della filologia politica ricorderanno due Claudio Martelli. Il primo, storico e glorioso, intento nella rincorsa alla laicizzazione del paese e ancorato ad idee di centro. Il secondo, dimenticato e inascoltato, ma non meno efficace del primo nelle analisi. Lo ha intervistato Aldo Torchiaro su IL Riformista uscito oggi.

Il pretesto è presentare un libro sul carteggio tra Pietro Nenni e Aldo Moro, l’interesse attuale è quello di ascoltare una vecchia volpe della Prima Repubblica parlare degli accadimenti nostrani.

Nella visione di Martelli sussiste un’ontologia che è totalmente assente ai tempi di oggi: l’esistenza della politica, delle vere forze in campo e la modalità di sapersi disporre per rispondere alle necessità della fase. Oggi, invece, dice sempre Martelli, la scena è consumata dai protagonismi che perdono di vista l’obiettivo perseguibile per continuare nella promozione di sé.

Infatti sulla necessità di un soggetto politico unico per la componente laica e progressista il vecchio socialista non ha peli sulla lingua: “Se Calenda e Renzi continuano così una risata li seppellirà”. E ha un’idea: inventare un terzo in grado di superare lo schematismo della leadership per ciascuno dei due. Già ha in mente chi potrebbe essere. Ovviamente! Martelli vede Emma Bonino e Riccardo Magi. Dubita fortemente sulla capacità di Tajani di divincolarsi dall’attuale maggioranza:

L’obiettivo: “dare vita a una democrazia governante, cioè in grado di governare: dare un mandato a governare il più possibile diretto da parte degli elettori”. Quindi, elezione diretta di Presidente della Repubblica o Presidente del Consiglio, correttivo sulla capacità di conferire autorevolezza al presidente del Consiglio che ne ha di meno di un presidente di Regione. Vede nel doppio turno, anche nelle elezioni nazionali, un modo per uscire dall’impasse e dare al presidente del Consiglio quel ruolo e autorevolezza oggi mancanti.

E sul ruolo degli enti regione ammette anche una fuga in avanti che i sistemi di governo territoriali determinata dopo la loro creazione nel 1970. Oggi si pongono come sistemi di governo vero e proprio negli ambiti da loro principalmente amministrati: urbanistica e sanità.”sono diventati centri di spesa, hanno iniziato a occuparsi di sanità l’hanno monopolizzata e i risultati si son visti”.

E poi c’è la questione apicale che decapitò la sua generazione politica: la riforma della giustizia. C’è da fare la divisione delle carriere e la diminuzione della carcerazione preventiva. L’agenda del fare è quindi densa di prove e il vecchio arnese della politica consiglia a muoversi perché di tempo già se n’è perso. E sull’antica questione gramsciana dell’ottimismo della ragione: “l’ottimismo è un lievito positivo ma non di rado induce a mantenere lo status quo”. La lezione ci arriva dagli ultimi trenta anni.

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