Stellantis, ancora cometa di una crescita di cui il dibattito nel nostro paese si è disoccupato da molto tempo. L’atteggiamento di non disturbare il manovratore (quello conosciuto con la vecchia designazione di “padrone”) non funziona.
La contraddizione risiede sempre nel fatto che si tratta di gestione privata di un bene privato (la fabbrica di automobili e la sua offerta sul mercato) che però ha degli effetti pubblici. E allora chi governa necessariamente se ne deve occupare. Se, a puro titolo di esempio, Stellantis dovesse decidere di delocalizzare per andare altrove gli effetti sarebbero tutti nel nostro paese. E non ci sono ordinamenti costrittivi in grado di convincerli a fare diversamente. Ma in verità, tutti sanno, c’è anche una ragione di più. La miriade di soldi dati da diversi governi nella Storia della Prima Repubblica all’antesignana Fiat affinché superasse fasi di stallo. L’agevolazione offerta affinché comprasse l’Alfa Romeo che per molti esperti consiste nell’inizio della crisi pesante perché impedì l’arrivo di altre imprese interessate a rafforzare il marchio, quindi a potenziare la forza lavoro insistente nel territorio nazionale. L’interesse di Fiat in quella fase era quello di depotenziare l’importante brand rivale.
Ma tutto questo è Storia. Come il fatto che Stellantis nasca dalla fusione di Fiat con Chrysler a cui dopo si aggiunse Peugeot. Spacchettamento dei comparti produttivi, gran festa perché il fil rouge produttivo era rimasto in vita nel nostro paese, ma sempre più le basi produttive se ne vanno all’estero.
IL terreno di trattativa con i ripescamenti storici però si fa più labile nell’attuale. Si rafforza il peso morale che dovrebbe esser condizionante per la proprietà, ma se si deve contare su questo è inutile fare affidamento.
Non si sana l’interesse pubblico della vicenda se affidato interamente nelle mani dei privati che lo dirigono.
Nessuno può provare scientificamente che sia in atto una smobilitazione di tutto il comparto automobilistico nel nostro paese, ma nessuno scommette sul fatto che rimarrà.
Il governo della repubblica per fare gli interessi del paese dovrebbe giocare d’anticipo e smettere di inseguire. Fare marketing industriale e far trovare il nemico in casa ai soggetti detentori del titolo di proprietà della casa automobilistica. Altre basi produttive del settore impiantate in alternativa pronta a quel che c’è.
Di sicuro sarebbe uno scadimento di immagine per un paese che si riconosceva in un brand di rinomanza internazionale. Ma sarebbe l’unico modo per tenere occupati tanti lavoratori sempre più inquieti.
Quindi difendere il marchio affossando quel che c’è prima che quel che c’è saluti tutti e se ne vada.