Esiste la guerra cognitiva. La Cina ci investe ottantacinque milioni di dollari. La Russia spende due miliardi per mandare in giro nel mondo notizie false che ne valorizzino il ruolo e l’immagine. Ma se questa è la tendenza c’è da credere che anche altre superpotenze non siano da meno, anche se i dati di queste ultime non sono resi pubblici.
A fornire nozioni che validano la battaglia a difesa dei cosiddetti “neurodiritti” sono i lavori del convegno State of privacy, un focus sull’intelligenza artificiale. È il Garante per la protezione dei dati personali ad averlo organizzato a Firenze.
Pare che il punto centrale sia quello della protezione dei dati personali ma a ben guardare bisognerebbe spostare l’attenzione su quali dati e come arrivano nelle nostre singole teste. Il fatto che la discussione sia stimolata dagli stakeholder pubblici e privati e non avvenga in specifica ricerca del fenomeno, analizzata quindi sotto il profilo stretto delle risultanze, non depone benissimo. Si traduce infatti nel solito attenzionamento sui guasti che possono essere provocati da grandi potenze straniere, senza considerare di essere inconsapevolmente potenza in quanto erogatori di contenuti soggetti ad andare in rete.
E la consapevolezza di vivere una nuova società, creatrice di nuovi bisogni e aperta a nuove possibilità (alcune anche discutibili), fornisce un elemento di inquietudine. Ma il monito ai pericoli insiti nell’uso dell’intelligenza artificiale o nel livellamento tra persona e macchina, non deve far rispolverare il mito della caverna col quale si spolverano le vecchie tavole di Mosè per declamare il decalogo dei diritti.
Decisivo in un’età dove artificialmente si mettono sul campo le indicazioni sulle prospettive per trarne un calcolo ponderato di quel che ci spetta, si debbono invece enucleare i benefici oggettivi di una società, i vantaggi personali di chi potrà disporne con spregiudicata avvedutezza, quindi i pericoli insiti per i molti come per i singoli. Quattro ambiti di analisi, diversi tra loro ma tutti di grande importanza, da enucleare in modo analitico.
Quel che si rileva invece consiste in una sorta di Santa Inquisizione laica che vede solo pericoli determinati dallo smantellamento di uno stato di cose. E può trattarsi anche di timori legittimi e condivisibili. Purché si sappiano precisamente quali.