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giovedì, Marzo 27, 2025

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La dialettica parlamentare ridotto a colpi di X a cui non si allinea alcun /

IL 26 marzo 2025

La scena cambia perché i rapporti di forza restino così come sono perché più rassicuranti

Fine vita ma non finisce la polemica

Un percorso ancora lungo e irto di contraddizioni

Elogio degli stronzi

Tutti hanno visto e sentito la sortita di Giorgia Meloni, ieri, quando incontrando il presidente della Regione Campania ha reso pan per focaccia all’elegante apprezzamento che Vincenzo De Luca le aveva dato ad evidente favore di camera. L’aveva definita “una stronza”. Il fatto risale oramai a diversi mesi fa.

Giorgia Meloni non ha mancato di dare la pariglia salutando De Luca con apparente cordialità delle circostanze e presentandosi come “la stronza”, come lui aveva detto.

Il Presidente della Campania ha accusato il colpo ed oggi dice di non aver sentito bene. Del resto il disappunto di un vero battutista sta nel non rispondere prontamente a una battuta rivolta verso di lui. Interpellato nuovamente sull’episodio ai microfoni dell’Ansa ha detto di concordare perfettamente con la autodefinizione data dal capo del governo della repubblica.

La storiellina è buona per i batti e risposta e per trovare conferme nei rispettivi sostenitori delle parti. Deve però comprendersi come introduzione di un tema comportamentale nuovo, quale quello della battuta salace fino all’insolenza. In altri termini, e a ben guardare, non c’è nulla di nuovo perché si aggiunge all’operazione dell’iconografia dei soggetti con massime responsabilità di governo delle cose pubbliche tesi a somigliare sempre più al loro popolo.

Fino a pochi decenni prima e nella Storia il capo di una grande istituzione statale cercava di assurgere su di sé un’aura che lo facesse figurare secondo un carisma, il più delle volte, costruito a tavolino. Gli esempi si possono moltiplicare.

Se oggi non è più così non è perché la democrazia è diventata maggiormente sostanziale per cui deve esser chiaro il comportamento del leader che ha pulsioni, rabbia, stizza, come un qualsiasi frequentatore di bar. In una democrazia in crisi di forza di rappresentanza la vicinanza al proprio popolo è data dalla messa in scena della sua somiglianza.

Il soggetto della politica, in definitiva, ragiona, pensa, agisce, come sempre è stato fatto nella Storia. Ha in più, oggi, l’obbligo di alcune reazioni più veloci che in passato. Molti suoi atti sono pubblici. E’ vero. Ma la logica che li animano resta tesa al proprio vantaggio in relazione a interessi più estesi che sono dati dalle rappresentanze di cui ci si fa portavoce.

Quindi la somiglianza fino all’apparente identità consiste in un gioco che semmai serve a incoraggiare il cittadino comune in una considerazione: “se ce l’ha fatta lui (o lei) posso farcela anche io”. Ma non è esattamente così.

Il cinismo, la determinazione, il calcolo veloce ma ponderato della messa a sistema dei benefici immediati e futuri in relazione ai mezzi impiegati abbisognano di una scuola che non si apprende intuitivamente.

Quindi la risultante finisce per essere proprio il contrario della prima bonaria considerazione. Proprio perché appaiono più vicini i politici di professione si sono allontanati assai di più dalla realtà effettuale e dal comune modo di intendere.

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