Pare esserci sempre un motivo fornito dall’attualità per stimolare l’antisemitismo. I fatti che accadono nell’eterno conflitto tra Israele e i paesi confinanti offre spesso uno stimolo per consegnare atti di intolleranza o di autentica follia nei confronti di persone del mondo ebraico.
A dare l’allarme generale è stato sicuramente l’attentato in America con omicidio di due turisti irlandesi. Ma anche in altri paesi si registrano casi di intolleranza grave che sono qualcosa di più e di nuovo che se fossero semplicemente gravi atti di intolleranza.
Sfila al primo posto nell’allarme generale la Francia. Libera, laica, emblema di affermazione di diritti, eppure troviamo nella terra della “Rivoluzione” la realtà di ebrei che cercano il più possibile di nascondere segni tali da evidenziare la loro origine. In certi casi preferiscono andarsene proprio! (La storica Stéphanie Courouble-Sharene parla proprio oggi su IL Riformista). Si propone addirittura uno studio universitario per comprenderne le ragioni profonde. Pare un’affermazione di protagonismo rovesciata avanzata per vantare dei meriti o comunque un’eccezionalità ma se andiamo a vedere bene le radici profonde dell’antisemitismo non si sono mai spiegato.
C’è che per entrare fortemente in questo ambito bisogna sondare un campo minato dove non c’è argomento di conforto. Ogni ragione mette a nudo debolezze dell’investigatore e svela altri mostri dell’inconscio da sfilare in concomitanza. Le grandi repulsioni per idee astratte e generali evidenziano, infatti, qualche angolo rimosso dell’inconscio sul quale c’è sempre ritrosia nel fare chiarezza.
Non siamo quindi nell’ambito dello storicismo o della ricostruzione, sempre parziale e perfettibile, di fatti e di cose. Siamo nell’ambito dell’analisi delle esperienze comuni e nella pervicace volontà di fare chiarezza sugli angoli bui del loro determinarsi spontaneo.
Dovremmo o potremmo dire, a puro titolo di esempio ipotetico, che se ha qualche ragionevolezza l’avversione verso il mondo nomade perché portatore di altre usanze e di altri costumi diversi o concorrenti da quelli comuni, lo stesso non avviene minimamente in altri contesti dove invece sgorga l’avversione.
C’è una tendenza alla generalizzazione. Una maledetta vocazione dell’intelletto per cui a si tende ad emettere un giudizio di condanna non solo all’atto, non solo a chi lo compie, ma alla categoria mentale che ne diventa artefice surrettizia. Se, ad esempio, un tifoso allo stadio si comporta male e fa atti inconsulti, non si condanna solamente quella persona ma la sua categoria di sostenitori assimilandoli a quei comportamenti degeneri.
Quello che dovremmo proporre quindi sarà una riforma alla rivalutazione delle res individuae di memoria Ockham da ben discostare dalle appartenenze nominali e dalle specifiche riguardanti aspetti più semantici che relativi alla cosa relativa alle persone.
Una lezione che non si fa in una volta e necessita di una formazione totale e completa.