Oramai il processo appare irreversibile e incontrovertibile. La ricorrenza dell’atto fondativo della repubblica italiana nata con un voto democratico si è trasformata in una festa dell’Esercito italiano. E lì onori alla bandiera, al Capo dello Stato e alle massime istituzioni. Tutte cose giuste, belle e vere. Ma ci si chiede cosa sia rimasto del concetto res presente nello Stato vissuto nella massima laicità quale è la versione per cui è cosa pubblica e di cui ciascuno di noi è pare, ragione che obbliga eticamente ciascuno di noi a concorrere e collaborare nelle massime decisioni. Non si tratta di retorica ma di adesione alla significazionalità dell’espressione e non relegarla all’enfasi delle formule ridondanti e retoriche.
La scommessa per la vita di qualsiasi democrazia consiste proprio in questo: che i propri valori fondati non siano relegati a pura petizione di principio per far valere il principio di personalità e dell’onore fine a sé stesso.
In definitiva è la sorte assegnata alla figura del presidente della repubblica oramai ritenuto, vissuto e concepito come un monarca eletto dalle Camere piuttosto che un controllore e momento di garanzia del corretto funzionamento delle Camere, del governo della repubblica, del mondo giudiziario. Un momento di necessario raccordo tra le figure che invece è diventato una sorta di “laico re”, ammantato di un’aura di sacralità tale da sollevarlo da qualsiasi versione controvertibile, quindi da polemiche. È perché rappresenta lo Stato, quindi ciascuno di noi, ma in contempo assurge al carattere di Elevato.
Nei decenni si è creata questa grande distanza tra un luogo d’essere della nostra repubblica, rappresentabile nella sua vita effettiva, e la sua dimensione aurea, alta, intaccabile e inavvicinabile.
Francesco Cossiga fu la sola eccezione, quando da servitore silenzioso dello Stato sembrò impazzire nelle dichiarazioni volendosi “togliersi qualche sassolino dalle scarpe”. Fu un’autentica bomba a fatica riportata all’ordine, E lì arrivò un segnale sovvertitore compreso solo trasversalmente da qualcuno. La fortuna per l’ordine delle cose riposava troppo sul fatto che Cossiga nella sua storia personale aveva lasciato troppo malumore e risentimenti per gli anni di piombo. Non poteva essere eletto a modello. E non lo fu, infatti.
C’è da chiedersi però che cos’è oggi questa repubblica e se potrebbe fare a meno di queste sceneggiate con esibizione dei muscoli attraverso le proprie forze militari. In un’età di guerre vere è uno spettacolo che i più potrebbero veder evitato.