Fa discutere, o almeno è molto ripreso, il post su Instagram in cui Nanni Moretti senza citare il nome di Bibi Netanyahu pone l’interrogativo retorico su quanti debbano ancora essere ammazzati per ordinare di cessare questa mattanza nella Striscia di Gaza.
Il post, come si diceva, fa molto discutere, o meglio è molto ripreso. Non fa discutere, in effetti, perché non c’è niente da obiettare o da dire. Nessuno è favorevole all’eccidio perdurato di innocenti, quale è quello che sta perpetrando l’esercito israeliano. Il porsi il quesito retorico esorta la cessazione di questa mortifera tendenza e tutti (tutti!) non possono che essere d’accordo.
Ma se è vero, come è vero, che tutti sono d’accordo quale è il motivo per cui bisogna lanciare il monito così chiaro, evidente, palmare, sul quale è impossibile dissentire?
Questa posizione umanitarista vela in effetti l’obiettivo di promulgare sé stessi attraverso la dichiarazione pubblica di cui si prevede la facile condivisione. La domanda in definitiva è anche mal posta. È chiaro che non c’è e non può esserci un numero raggiunto il quale si è arrivati a una quantità di vittime soddisfacenti per interrompere questa riprovevole strage. Quindi non si tratta di “quante persone debbono ancora morire”. Non ha senso come domanda. Ha senso solo nel fatto che tutti ora diranno quanto Nanni Moretti è bravo, coraggioso, umanitario a lanciare il quesito. La domanda centrale invece non può prescindere dalle nuove condizioni di essere in quello stato di cose per cui si fermi la ritorsione militare. Cosa bisogna fare? Dove si deve lavorare? Come si deve operare effettivamente? (Escludendo così da atteggiamenti divistici e evitando di lanciare moniti dai propositi velleitari).
Ed è lì che deve emergere la risposta: Hamas restituisca i prigionieri, anche se defunti, siano messe a disposizioni le salme per una consacrazione religiosa coerente all’ispirazione teologica in cui sono nati e cresciuti. Io direi anche: consegnino le armi. (Ma è anche vero che quest’ultima cosa creerebbe ritorsioni e resistenze).
I guerriglieri del partito di Hamas almeno mostrino disponibilità con i giovani ancora in loro prigionia. Si ponga qualche autorità mondiale come garante di questa operazione.
Può essere questa una buona base operativa per cominciare a lavorare effettivamente? Ma chi può rispondere a questa domanda?