Finora si è presa come una burletta il comportamento del presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump in questioni delicatissime riguardanti la vita di migliaia di persone. Si parla dei conflitti accesi in Ucraina e nella Striscia di Gaza in cui il Presidente ha avuto atteggiamenti quantomeno ondivaghi. Alternanze tra fermezza e trattativa da mercante hanno accompagnato questi mesi e nella tragicità dei fatti sono riusciti a rendere il personaggio, se possibile, in modo benevolo da alcuni detrattori più accesi. Pare sempre uno che la spara grossa per poi trattare sull’unghia.
Ma stavolta si è spostato su un campo diverso dove entrano i soldi, quelli veri. E come tali i modelli di crescita economia quindi di sviluppo reale del paese, come del mondo.
Tutti conoscono il suo scetticismo verso le argomentazioni ambientalistiche aventi vinto una scommessa con la Storia ed essendo divenute anche normative con l’attuazione di politiche di sostegno sulla produzione di beni tecnologici in grado di tenere conto della compatibilità ambientale.
Il primo argomento caldo è quello delle automobili. La data per cui possiamo stabilire un atto di inizio di una revisione storica della spinta produttiva negli Stati Uniti è il 2009 con Barack Obama. Non c’è da meravigliarsi se Donald Trump non condivida questa linea, ma oramai è diventata forza motrice del settore produttivo automobilistico.
E infatti la Toyota ha investito quasi quasi quattordici miliardi per un impianto per la produzione di batterie in North Carolina. Sono automobili (un milione e mezzo entro il 2030) che cammineranno con energia rinnovabile. Cinquanta miliardi li ha stanziati Ford per lo stesso obiettivo: veicoli elettrici. Trentacinque miliardi General Motors entro il 2025. Dieci miliardi per la Mazda che entro il 2030 conta di produrre veicoli elettrificati.
Se, come ha detto esplicitamente di fare, la sentenza di Obama del 2009 fosse revocata non ci sarebbe solo un problema per l’ambiente ma per le case automobilistiche che hanno già investito. E come glielo andrà a spiegare che fino ad ora l’amministrazione ha giocato sull’ambiente? Ma ancor prima della salubrità dell’aria questi personaggi guardano al loro portafogli e non gli andrà bene vedere tanti investimenti non incentivati come prima.
Trump vorrà forse togliersi dall’idea del sussidio di Stato dopo che un impulso è stato dato. La produzione dovrà andare avanti con le proprie forze – forse la ratio sta tutta qui.
Ma la risposta potrebbe arrivare proprio dal deludente responso offerto in termini di salubrità dell’aria con le misure ecologiche che furono approntate da Barack Obama. A ben guardare sono più deludenti delle aspettative.
C’è una ricerca dell’Università di Princeton per cui con le determinazioni sull’ambiente le emissioni sarebbero ridotte appena del tre per cento! Le previsioni invece davano il quaranta per cento. Quel che si raccoglie con tanti soldi appare un’inezia e di nessuna utilità sociale. È utile invece a chi produce.
E quelli, come tanti altri ancora, il vecchio Donald non può più accollarseli.